Omelia (06-05-2009)
Paolo Curtaz


Grida Gesù, urla. Ha capito che non sono bastati i discorsi convincenti, né i gesti eclatanti, né la sua autenticità e il suo amore adulto e passionale a convincere il suo popolo e noi. Grida, perché si accorge di quanto possiamo essere tenaci nel conservare la rassicurante e orribile immagine di un Dio severo e giudice, così drammaticamente simile alle nostre piccinerie, che portiamo nel cuore. Grida, Gesù, stanco, stanco come quando era seduto al pozzo di Sicar ad aspettare la samaritana fragile, stanco di cercare l'uomo che lo fugge, che lo ignora. Grida, Gesù, ad alta voce. Cerca di perforare la nostra sordità, di scuotere le nostre intorpidite coscienze, di farci uscire dalla gabbia mentale in cui abbiamo rinchiuso Dio e il suo volto. Grida e dice che lui solo conosce il Padre, che lui solo sa svelare il vero volto di Dio. Grida Gesù, e dice che non vuole condannare nessuno, che non vuole in alcun modo farci restare in una logica di fede legata alla paura e ai sensi di colpa. Grida, Gesù, e spiega che la sua dedizione al Regno, il suo essere tutto orientato al Padre è il modo che lui ha di rendere testimonianza a Dio. Grida, dopo avere sussurrato. Grida perché è tutto di Dio. Ascolteremo, infine?