Omelia (10-05-2009)
Paolo Curtaz


Gesù ci invita a riflettere su di una scomoda verità conosciuta da ogni vignaiolo: affinché la vite porti frutto occorre potarla. L'avete mai vista una vite potata? Quel gesto è davvero necessario e il tralcio, accorciato nel punto giusto, concentra tutte le sue energie nel futuro grappolo d'uva.

La vita ci pota in abbondanza: delusioni, fatiche, malattie, periodi "giù"; è piuttosto inevitabile e lo sappiamo anche se - il più delle volte - ci ribelliamo, ci intristiamo. L'uomo non accetta la fatica e il fallimento inevitabili nel nostro essere finiti, limitati, segno questo, della sua dignità, della sua natura che lo spinge ad andare oltre. Lo confesso: non mi umilia il fatto di non trovare in me, da solo, la risposta alle grandi domande della vita. Cerco aiuto e - cercandolo - ho trovato risposte convincenti. In Dio solo possiamo trovare risposte che ci spingono verso l'assoluto e la pienezza (sempre e solo parziale, quaggiù). Come viviamo le potature della vita? Il Signore ci invita a viverle nel positivo, come occasione, come possibilità. L'accettazione serena (mai rassegnata!) delle contraddizioni della vita concentra la linfa vitale della mia vita in luoghi e situazioni inattesi e con risultati - credetemi - davvero sorprendenti. Animo, allora, le potature sono necessarie, così come la grande e dolorosa potatura dei discepoli, ribaltati come guanti, masticati dalla croce, li ha resi davvero apostoli maturi e riflessivi, capaci di annuncio e di martirio e non solo entusiasti e immaturi seguaci di una esperienza nuova.