Omelia (17-05-2009)
Paolo Curtaz


Viviamo la nostra vita elemosinando amore, viviamo la nostra vita nella segreta speranza di vedere il nostro cuore colmato di gioia. Dio la pensa allo stesso modo, Gesù è venuto perché la nostra gioia sia piena e per farlo dona la sua vita. C'è un unico problema: trovarci.

Spesso il circuito d'amore viene interrotto dalle nostre lentezze e chiusure, dalla nostra fatica e dal nostro peccato. Se capissimo che Dio ci chiede soltanto di lasciarci amare, di lasciarci raggiungere dalla sua misericordia! Ed è ovvio che l'amore cambia, mi cambia. Dio non ci ama perché siamo amabili ma - amandoci - ci rende amabili e capaci di superare la parte oscura che abita nel profondo di ciascuno di noi. Giovanni nella sua prima lettera ci chiama ad essere testimoni dell'amore. Con i fatti.
Amare l'altro (chiunque esso sia) significa mettere lui al centro della mia attenzione, significa lasciare che la sua vita, i suoi interessi, il suo modo di essere sia accolto e valorizzato. Ascoltando questa Parola il mondo potrebbe essere qui e ora un pezzo di Regno in cui, nella concretezza del nostro limite e del perdono da dare e ricevere, una persona potrebbe sinceramente stare a proprio agio. Essere cristiani significa guardare l'altro (chiunque esso sia) negli occhi e dirgli: "Ti voglio bene". Magari non sono d'accordo su come la pensi, su cosa fai, ma ti voglio bene, desidero il tuo bene, ti aiuto a raggiungere il bene. E il sentirsi amati, credetemi, sposta il mondo.