Omelia (19-10-2003)
padre Ermes Ronchi
Servire, il privilegio più grande

Il centro della Parola di Dio oggi è un termine rischioso e luminoso: "servo". La profezia di Isaia inizia così: «Il servo del Signore è venuto, radice di vita in terra arida». Così si presenta Gesù: «Sono venuto non per essere servito ma per servire e dare la vita». La più bella definizione di Dio. Perché di Dio sappiamo solo ciò che abbiamo visto in Gesù, nella sua carne: Dio è colui che continuamente viene; viene come mio servitore, come colui che dona vita. La mia vita è il primo lavoro di Dio. Catechesi straordinaria, non è l'uomo creato per conoscere, amare e servire Dio, ma -ben di più - è Dio che esiste per venire, amare e servire l'uomo.
Tutto ha inizio con una domanda che capovolge il rapporto fondamentale con Dio. Due discepoli chiedono, come noi, come tante persone "religiose", come tutte forse, che Dio faccia la loro volontà, esaudisca i loro desideri, realizzi i loro sogni. Il grande miracolo di Gesù nei discepoli di sempre è convertirne il desiderio, fino a volere la volontà di Dio: «sia fatta la Tua volontà», «esaudisci non le nostre attese, ma le tue promesse (Bonhoffer). Venga il tuo Regno».
Gesù si rivolge poi al contenuto della richiesta: essere i primi. «I grandi del mondo si costruiscono imperi di oppressi, di conquistati, di uccisi. Dio non è così. Tra voi non sia così». Dio non ha troni, si cinge un asciugamano, s'inginocchia davanti a ciascuno, il suo impero è quel poco di spazio che basta a lavare i tuoi piedi. Da lì, dal basso cerca gli occhi d'ogni figlio, cerca le ferite della terra per fasciarle con bende di luce. Essere sopra l'altro è la massima distanza dall'altro, Dio invece si pone alla massima vicinanza, ai tuoi piedi.
Non abbiamo ancora capito cosa significhi Dio nostro servitore: il padrone fa paura, il servo no. Il Vangelo viene e porta la fine della paura di Dio. Il padrone esige e pretende per sè, il servo si impegna per un altro. Cristo lavora per dare eternità a tutto ciò che di più bello ogni suo figlio porta nel cuore. Il padrone si serve degli altri, Dio no, non si serve di noi, ma fa sua la nostra causa. Il padrone castiga, il servo soccorre: «non spegne lo stoppino dalla fiamma smorta, non spezze la canna incrinata». Se la tua fiamma è debole, non ti castiga, la alimenta perché risplenda. Non pretende che tu già sia luminoso, ma ti lavora perché lo diventi.
Dio è il seminatore infaticato delle nostre vite, le feconda di forza, pazienza, coraggio, libertà, perché anche noi diventiamo, come lui, servitori della vita. A cominciare da quelli di casa nostra. E questo è il grande titolo d'onore che i discepoli avranno: vieni, servo buono e fedele, hai servito la vita.