Omelia (25-06-2009) |
Paolo Curtaz |
Con Dio non si bara, non ci sono santi. È bravo e buono, ma non bonaccione. Legge nei cuori, non guarda l'apparenza, non sa che farsene delle devozioni che non portino con sé la conversione, non le vuole proprio. E Gesù ammonisce, esorta: anche noi discepoli, anche chi, fra noi, ha messo in gioco la propria vita con convinzione e forza, non è esente dal rischio dell'abitudine, dell'ipocrisia, del ritualismo. Non basta parlare nel nome del Signore per essere del Signore, non basta compiere gesti e preghiere per dimorare in Lui. Il Signore ci chiede di mettere in pratica le sue parole, di ascoltarle e di calarle nella vita. E già qui!... Ascoltiamo migliaia di parole, ogni giorno, ma poche parole che vengono da Dio ci restano nel cuore. Eppure la sua non è una parola come le altre: ci permette di restare in piedi quando la tempesta infuria, quando abbiamo l'impressione che tutto crolli, quando siamo colti di sorpresa dalle vicende della vita. Se, nel momento del dolore, nello stravolgimento completo, nella crisi di fede più buia, la Parola ci ha guidato, debole fiammella nell'oscurità della vita, allora significa che la nostra casa interiore è davvero costruita sulla roccia... |