Omelia (06-08-2009)
Paolo Curtaz


Nel cuore dell'estate siamo invitati ancora a salire sul Tabor per contemplare la bellezza di Dio. Un sei agosto Hiroshima fu distrutta, un sei agosto Paolo VI incontrò il suo Dio. Bellezza e violenza ancora si contrappongono nel cuore degli uomini.

Pietro e gli altri sono esterrefatti da quanto accade: Gesù maestro, profeta affascinante, si rivela per quello che è; ed è un'esperienza travolgente, di bellezza sconfinata. Gli apostoli, inaspettatamente, si ritrovano a contemplare Gesù di Nazareth che si rivela loro nella sua forma più autentica di Figlio di Dio, quasi un'anticipazione della Resurrezione che, forse, nell'intento del Signore, serve a dare agli ignari apostoli quel po' di coraggio necessario per affrontare il grande scandalo della croce. Alla fine della trasfigurazione gli apostoli non vedono che "Gesù solo". Quando raggiungiamo, attraverso la preghiera e la contemplazione, il volto di Gesù Risorto, vivo qui e adesso, e siamo travolti, scossi e scombussolati da una tale manifestazione, non vediamo che Gesù solo. Solo lui nelle nostre scelte, nei nostri fratelli, nelle nostre giornate. La fede non è semplice adesione intellettuale, è coinvolgimento radicale, non stanca e rispettosa osservanza di un'abitudine culturale: è esperienza misteriosa di Dio che è altro da noi (non sentimento, non impressione, non scelta ma manifestazione). Senza Tabor, il cristianesimo manca della sua dimensione essenziale: la bellezza di Dio.