Omelia (16-08-2009)
Paolo Curtaz


Il miracolo di Gesù si è rivelato un flop; la folla invece di cogliere il significato profondo del segno - occorre mettersi in gioco per affrontare i problemi e la fame di giustizia dell'umanità - ha capito l'esatto contrario: ecco qualcuno che ci riempie la pancia.

Oggi, a sorpresa, Gesù parla di un pane di cui cibarsi, un pane che è la sua presenza. A noi, oggi, tutto appare fin troppo chiaro: Gesù parte dal pane distribuito per parlare di un altro pane che lui darà e che è sua carne da mangiare per dimorare in lui. Come non pensare all'ultima cena? Come non sentire rieccheggiare in queste parole il fate questo in memoria di me pronunciato dal Maestro prima di essere ucciso? Gesù dice che cibarsi del pane che darà ci rende simili a lui, opera in noi una "cristificazione", un cambiamento. Oggi Gesù parla di ciò che ogni domenica, stancamente il più delle volte, facciamo nelle nostre accaldate comunità. Ci credete, amici? Credete che, grazie alla preghiera della comunità, al dono dello Spirito e all'imposizione delle mani di un prete (spesso inconsapevole del potere che ha), Gesù si rende cibo? Gesù parla di questo dono semplice e tremendo, gioioso e durissimo, che ci obbliga alla fede, che ci scardina dalle abitudini. Ogni domenica ci raduniamo per ripetere la cena, un gesto di caldo affetto e di obbedienza al Maestro, ogni domenica ci nutriamo del pane della Parola e del pane Eucaristico, custodiamo questo pane nelle nostre Chiese per i nostri malati, per segnalare una Presenza nel caos anonimo delle nostre città.