Omelia (03-09-2009)
Paolo Curtaz


Come Pietro e Andrea, come Giacomo e Giovanni, il Signore ci chiama a mettere le barche della nostra vita al servizio del Regno. Ce lo chiede alla fine di una notte di fatica e di delusione, non vuole apostoli dopati e perfetti, cerca discepoli scoraggiati ma sinceri. Pietro guarda il falegname di Nazareth con diffidenza: che ne sa, lui di pesci e di lago? Ma accetta, rischia. Anche se siamo stanchi, anche se la nostra vita è un mezzo fallimento, il Signore ci chiede di fidarci della sua parola e di prendere il largo. Il miracolo di Pietro è nel suo cuore: davanti alla pesca abbondante avrebbe potuto pensare alla fortuna del principiante. Invece no: legge un evento normale, come la pesca fruttuosa, come un segno. I miracoli sono nel nostro modo di vedere le cose. Davanti al miracolo, Pietro accampa delle scuse: non è capace, è un peccatore, non è in grado, Gesù si dev'essere sbagliato, certamente. No: proprio lui sta cercando, proprio noi. E, se accettiamo l'avventura del discepolato, Gesù ci promette di diventare pescatori di umanità, per tirare fuori tutta l'umanità che portiamo nel nostro cuore, per farla emergere in chi, oggi, incontreremo.