Omelia (21-09-2002) |
Paolo Curtaz |
Commento Matteo 9,9-13 Matteo non si aspettava salvezza, né la meritava. Troppi compromessi, troppe rinunce alla legalità nella sua vita per poter osare tanto. La vita per lui era diventata, ormai, potere e denaro, timore e rispetto da parte degli altri. E invece la sua durezza, l'alto muro eretto per difendere la propria vita si schianta in un attimo, si sbriciola quando vede nello sguardo del Nazareno amore, rispetto, verità. Matteo era abituato agli insulti di chi pagava, attraverso di lui, l'iniqua tassa imposta da Roma imperiale. Collaborazionista e ladro, non temeva lo sprezzo dei suoi amici. No, non meritava alcuna compassione. E, invece, ne riceve. E l'inatteso, e l'inaudito, come sempre, scatena la gioia, produce il brivido: Matteo si scioglie, lascia tutto, fa festa; come Abramo rischia tutto, ma sa di scommettere sul giusto. Amico che ascolti: quando finalmente ti lascerai raggiungere e amare dal Signore? Quando la smetterai di concepire la fede come una specie di tributo da offrire ad un'ipotetica e sconosciuta divinità? Troppe volte ci avviciniamo a Dio come quando compiliamo la dichiarazione dei redditi: meno si dichiara e meno si paga! No, amici, qui è di luce che si parla, di tenerezza e di serenità, di pace e di conversione. Questo Dio che ti viene a stanare per offrirti amore, questo Dio che soffre come un amante ferito quando non viene ricambiato, è lì che mi aspetta. Per quanto tempo fuggiremo l'unica cosa che davvero ci può rendere felici? San Matteo – di cui oggi ricordiamo la festa – ci insegni cosa significa ottenere una misericordia bruciante, che ti fa alzare e lasciare tutto ciò che credevi essenziale alla tua vita! Matteo si è alzato, Signore, e ti ha seguito. Molto anni dopo questo fatto scriverà che per lui è stato come trovare un tesoro nel campo. Noi ci fidiamo di Matteo, Signore, e anche noi vogliamo oggi seguire i tuoi passi, tu che sei il tesoro nascosto della nostra vita! |