Omelia (05-10-2009)
Paolo Curtaz


Chi è il mio prossimo? Non è una domanda ingenua quella rivolta a Gesù, ma una delle tipiche domande che i discepoli rivolgevano ai rabbini. Prossimo è chi ti sta vicino, il tuo connazionale, quello della tua tribù e della tua razza. Quindi lo devi amare e rispettare, gli altri, pazienza. Gesù, invece, ribalta la prospettiva, e ribalta anche lo sprovveduto dottore della legge! È il samaritano il protagonista della parabola, lo straniero, il clandestino che, nel momento del bisogno, è l'unico che si ferma. Non come i devoti e i preti che tirano diritto, con tutte le loro sane e sacrosante ragioni. Ma tirano diritto. È l'odiato e disprezzato samaritano da imitare, nel suo prendersi cura, farsi carico, pagare di persona. Così è l'amore, amici: lontano dalla teoria e ben saldo nella pratica, declinato nelle mille sfumature che la vita ci propone. E Gesù provoca il discepolo, e noi: "non chiederti chi ti è prossimo, ma a chi sei disposto di farti prossimo?". Proprio le persone più antipatiche, più difficili, più meschine, quelli che consideriamo l'avversario e il nemico sono il nostro prossimo di cui farci carico. Lasciamo pure che questa parola ci imbarazzi, ci giudichi, ci scomodi: abbiamo tutta la vita per convertirci!