Omelia (22-10-2009)
Paolo Curtaz


Quasi grida, Gesù: sono venuto a portare il fuoco! Non la quiete dei cimiteri, non la rassicurante conferma delle istituzioni e degli ordinamenti, non la staticissima religione che uccide la fede! Quanti pensano che il cristianesimo e la Chiesa, in particolare, abbiano a che fare con la quiete, con la conservazione al limite dell'imbalsamazione! E, invece, il Maestro avverte: chi incontra lui incontra il fuoco, un fuoco che divora, che consuma, che scalda, che illumina. E descrive la situazione del discepolo che si trova, per colpa del vangelo, ad entrare in conflitto addirittura con i propri famigliari, perché il vangelo è portatore di una verità e di un forza che superano i legami affettivi e di parentela. Com'è, allora, che la gente percepisce la fede cristiana come un gigantesco anestetico? Perché abbiamo ridotto a rassicuranti regole morali la dinamica forza eversiva del vangelo? Torniamo al fuoco, per favore, togliamo tutto ciò che lo soffoca, che gli impedisce di divampare, potente, e di scaldare i cuori, di convertire le anime, di appassionare le vite. Non è con la tiepidezza delle scelte che porteremo il vangelo ad ogni uomo!