Omelia (11-11-2009)
Paolo Curtaz


Dieci sono stati sanati, uno solo si è salvato. I lebbrosi che urlano la loro disperazione a Gesù hanno la memoria corta. E il cuore piccino. Hanno ottenuto ciò che hanno chiesto e la loro guarigione (come la nostra) avviene progressivamente, mentre obbediscono a Gesù che obbedisce alla prescrizioni della Torah (!) e si incamminano (ancora ammalati) verso il Tempio. Fra di loro scopriamo esserci un samaritano, un nemico di Israele: la malattia toglie le differenze, la salute le rimette in piedi. Non sa dove andare, il samaritano, il "suo" tempio, sul monte Garizim, è raso al suolo. Va da Gesù, il suo nuovo tempio, e lo ringrazia. Gesù è amareggiato: dove sono gli altri nove? È più facile essere guariti dalla lebbra che dall'ingratitudine! Ha ragione Gesù: sono stati sanati, ma la salvezza è un'altra cosa. La salute è un bene prezioso, ma non è vero che "basta la salute": ci occorre molto di più, ci occorre la salvezza, abbiamo bisogno di una felicità che va ben oltre il benessere fisico, che raggiunge e riempie l'anima. Viviamo nella gioia, amici, chiediamo al Signore di essere guariti da ogni lebbra: che non ci accada di essere rimproverati per la nostra poca gratitudine!