Omelia (12-11-2009)
Paolo Curtaz


È statistico: ogni qualche tempo qualcuno preannuncia la fine dei tempi. Che sia un cattolico millenarista o un Testimone di Geova, un appassionato di antiche civiltà (adesso va molto di moda la fine del mondo il 21 dicembre 2012 da calendario maya, fa molto chic) o un ecologista spaventato (c'è di che esserlo!), l'uomo ha bisogno, per vivere, di immaginare una fine precisa, un computo, una data finale. Gesù, invece, sgonfia tali pretese: i cataclismi, le guerre, non sono il segno dell'avvicinarsi della fine del mondo e dobbiamo evitare di correre dietro ai santoni di turno che ci prospettano catastrofi inenarrabili e presunte apparizioni di Gesù (le apparizioni, per i cristiani sono delle eccezioni ed è auspicabile che non avvengano!). Gesù ci chiede di posare i piedi per terra: la sua presenza è discreta, lo raggiungiamo col cuore e la vita interiore, non colpisce i sensi esterni, ma quelli dell'anima, non ama i grandi eventi, ma quelli quotidiani fatti di fatica e di fedeltà. Vigliamo, amici, non lasciamoci travolgere dal catastrofismo imperante: combattiamo l'ingiustizia con le armi della pace e stiamo sempre pronti ad accogliere quando verrà, nella vita personale di ciascuno di noi o alla fine dei tempi...