Omelia (19-11-2009)
Paolo Curtaz


Piange, il Signore. Piange di dolore, perché vede rifiutato l'annuncio, piange singhiozzando, perché sa che la sua fine è vicina. Non è bastata la sua predicazione, la sua presenza misericordosa, la sua opera di guarigione degli infermi... Gerusalemme è rimasta ostile, la classe dirigente del neonato tempio è sorda ai suoi richiami deliranti e profetici. Piange, Dio, perché vede che rifiutiamo il suo amore, che ci condanniamo con le nostre stesse mani, perché, allontanandoci da lui, la nostra vita è caligine e tenebra. Piange, il Signore, perché l'umanità preferisce ostinarsi nello stare lontana da lui, insensibile ai suoi richiami. La gloria di Gerusalemme scomparirà, travolta dalla violenza degli arroganti, vittima della sua supponenza. Riporre fiducia nelle pietre non servirà, credere che Dio combatterà col popolo è pura illusione. L'aquila di Roma imperiale sostituirà la stella di Davide e il tempio, luogo che Dio abita, verrà raso al suolo come tutta la città. Piange, il Signore, perché vede la piccolezza dei nostri cuori, la presunzione di chi pensa di potere fare a meno di Dio, come il nostro mondo arrogante e spocchioso. Piange Dio. Gesù ha deciso: darà la sua vita.