Omelia (28-09-2002) |
Paolo Curtaz |
Commento Luca 9,43-45 Poveri apostoli! Capiamo il loro disagio, il loro timore di rivolgere la parola al Signore riguardo a questo suo "essere consegnato agli uomini". Sì, ci è incomprensibile la croce, davvero. Anzi, ci spaventa che qualcuno scelga di amare fino a morirne. Gesù sente che le cose stanno precipitando: non sono bastate le sue parole su Dio, non i suoi gesti, non la sua virile tenerezza, macché, l'uomo è scostante, incontentabile. Forse, pensa Gesù, non c'è che un gesto: forzare la mano, lasciare che le cose accadano, chissà che davanti all'inaudito (un Dio che muore per amore) alla fine l'uomo si decida. Rischio immenso, scommessa inaudita quella del Signore Gesù che sceglie il paradosso della sconfitta come misura dell'amore. Riuscirà nel suo intento? Se siamo qui, oggi, è proprio perché quel gesto incomprensibile, quel donare la vita così diverso dal nostro morboso attaccamento a noi stessi, ci ha svelato il volto di un Dio inatteso. Dunque Dio si consegna alla nostra volontà, visto che noi non siamo disposti a consegnarci alla sua, Dio ci lascia fare, convinto che il nostro cuore, alla fine, pieghi le ginocchia davanti a tanto dono. Per noi è misterioso tutto questo, non siamo poi così certi di volere un Dio debole e fragile, che rischia di essere spazzato via. Eppure, non è questo il grande mistero dell'amore che si dona? La croce non è da capire ma da accogliere e noi, come gli apostoli, siamo pieni di meraviglia per tutte le cose che Gesù fa. No, Signore, la tua consegna alla violenza e all'odio di noi uomini proprio non la capiamo. Forse avremmo preferito un finale diverso, una vendetta in grande stile, la punizione dei reprobi. Macché, per noi è misteriosa la misura del tuo dono, e ci riempie di meraviglia, Signore disposto a morire per amore! |