Omelia (26-11-2009)
Paolo Curtaz


Discutono, i biblisti, sulla misteriosa profezia apocalittica di Gesù: sono sue parole o parole che gli evangelisti gli hanno messo in bocca dopo la caduta di Gerusalemme? L'una e l'altra cosa, probabilmente: Gesù, vedendo la fine della sua missione venire in fretta, percepisce il rapido declino della storia e, in particolare dell'amatisisma città di Gerusalemme. I discepoli, dopo qualche anno, si ricorderanno degli eventi terribili che segneranno per sempre la storia di Israele: Gerusalemme sarà rasa al suolo e riedificata come città romana col nome di Aelia capitolina, con accesso interdetto agli ebrei! Ciò che a noi importa, è la sconcertante conclusione del brano, certamente di Gesù: davanti a tutti gli eventi catastrofici, alle guerre, alla opposizioni feroci dei popoli, alle lotte fratricide, i discepoli sono chiamati ad alzare lo sguardo, perché la liberazione è vicina. Per noi discpeoli, le guerre e le catastrofi sono dei segnali della battaglia che infuria fra la luce e le tenebre, ultime scaramucce di una guerra già vinta da Cristo sulla croce. In questa ultima settimana dell'anno liturgico, allora, vogliamo volgere lo sguardo altrove, al di lù dell'orizzonte, nel grande progetto di Dio.