Omelia (04-12-2009)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 9,27-31

Crediamo davvero che il Signore possa guarire la nostra cecità interiore? Da lui, siamo onesti, vorremmo ben altre cose! Una salute di ferro, che ci risolvesse i problemi, che ammorbidisse le persone che ci stanno accanto. E, invece, così non accade: Dio è servo della nostra felicità, non dei nostri capricci. Siamo sempre pronti a chiedere molte cose al Signore, cose che, quasi sempre, non rappresentano in alcun modo il nostro bene. Chiedere, come i ciechi di oggi, la guarigione interiore, la luminosità delle scelte, un punto di vista equilibrato e sano sulle cose e sulle persone, è la più grande preghiera che il Signore possa esaudire. E lo fa in proporzione alla nostra fede. Non come ricatto, ma come invito a fidarci di lui che esaudisce le nostre preghiere. Quasi mai otteniamo ciò che chiediamo ma spesso, ciò che desideriamo nel profondo, senza neppure saperlo. L'unico vero pericolo della preghiera è che Dio ci ascolti veramente e ci converta! Prepariamoci al Natale in questo modo, sapendo quanto buio ancora abita in noi, sperando e pregando perché la luce della sua presenza illumini intera la nostra vita.