Omelia (23-11-2003) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Perchè noi si possa regnare con Lui Gesù fu arrestato perché aveva ingenerato una sorta di panico presso il popolo e l'autorità nella circostanza della cacciata dei venditori dal tempio di Gerusalemme. Le sue intenzioni erano altre, tuttavia quando Egli aveva affermato Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo farò risorgere suscitava senza dubbio l'idea di un possibile sobillatore del sistema politico vigente, quindi una persona pericolosa in grado di coinvolgere al suo seguito grosse schiere di rivoluzionari. E ciò veniva maggiormente avallato dal fatto che in modo ostinato Gesù soleva proclamarsi "re". Anche di fronte al procuratore romano Pilato, Egli non si smentisce: afferma la sua regalità sui Giudei e, come si potrà comprendere successivamente, su tutto il popolo di Dio. Il fariseismo e il giudaismo, da parte loro, mal sopportavano che Gesù si costituisse Messia e Dio alla pari del Padre e pertanto dal canto loro avevano motivazioni di rimostranza nei suoi confronti; inoltre essi erano giunti ad una cultura pressocché nazionalistica di Regno, determinata dalla ricerca di libertà e di emancipazione dall'oppressione romana. Ma quello che in realtà Gesù annunciava era tutt'altro che un nuovo regime dispotico e istituzionale che si sarebbe sostituito a quello vigente; egli affermava se stesso come re, si, ma di un regno che non è di questo mondo. Parlando infatti del Regno di Dio occorre che si tengano presenti due concetti che formano il senso di questa espressione:: 1) Dio è Signore e imperatore di tutto l'universo e perfino i sistemi di governo delle nazioni e i vari domini terreni sottostanno a Lui; 2) Regno di Dio è altresì la presenza di Dio nelle parole e nelle opere di Gesù. Ne deriva allora che il regnare di Dio in Gesù Cristo non si qualifica nei termini di egemonia, totalitarismo, affermazione di dominio sulla massa, ma piuttosto si rende concreto ed effettivo secondo le aspettative divine; e cioè attraverso l'amore, il servizio, l'umiltà, la mansuetudine e di ricerca della giustizia e della pace. In altre parole: Dio in Cristo regna non soltanto perché è padrone di tutto il creato, ma soprattutto perché salva l'umanità dai malesseri fondamentali, primo fra tutti il peccato, offrendo ad essa dei criteri di convivenza del tutto estranei alla mentalità mondana; appunto quelli dell'amore e della giustizia. Gesù, Figlio di Dio e obbediente alla missione del Padre di salvare l'umanità, di questi valori si rende apportatore e testimone: caccia i demoni dagli ossessi, guarisce i ciechi, riabilita gli storpi, rende giustizia ai poveri e agli oppressi rendendosi solidale con i peccatori e condividendo le precarietà e le miserie umane.... In tutto questo Egli è re. E' "re" perché si dispone per primo al servizio e alla donazione e non già perché tende ad affermare se stesso sugli altri, e le sue azioni lo rendono apportatore di questo suo "regime" definito Regno di Dio. Così diceva infatti agli emissari di Giovanni: "Andate da Giovanni e riferitegli quanto avete visto: i ciechi vedono, gli storpi camminano, ai poveri è annunziata la Buona Novella... Quindi è venuto il Regno di Dio" Espressione di questa regalità di Gesù è, direi, quella famosa corona di spine apposta al suo capo dagli aguzzini a mo' di derisione e di disprezzo: effettivamente essa non costituisce un elemento casuale ma vuole indicare che l'essere "re" da parte di Cristo comporta immolazione, persecuzione e frustrazione. Vale a dire un servizio disinteressato a vantaggio dell'umanità che culmina con il sangue e con la morte sulla croce. Ed è infatti il patibolo che evince maggiormente il Regno di Dio in Cristo: nella croce Egli realizza il riscatto definitivo dell'umanità. Insomma: un re che serve il suo popolo fino a morire in croce per lui. E questo contribuirà a far sì che venga innalzato al di sopra di tutte le creature restando (san Paolo ai Galati) al centro della creazione intera. Dirà poi San Paolo che la sudditanza dei cristiani non si qualifica nei termini di sottomissione e di passività, ma che in effetti comporta una partecipazione siamo chiamati infatti a regnare con Lui, cioè a vivere la dinamica del Regno e a diffonderla in continuazione. Che cosa ci suggerisce la festa odierna che esalta la sovranità regale di Cristo? Innanzitutto il carattere di riconoscenza e ammirazione: Pronzato vede questo atteggiamento nelle parole di pentimento del buon ladrone e rende l'idea che questi abbia adeguatamente omaggiato per primo il Re Universale che ha servito nel nascondimento, ma ci incoraggia anche a considerare il fatto che ad un monarca disposto a versare il proprio sangue per gli uomini si debba rendere onore in modo del tutto speciale. Non è forse vero, anche nell'odierna contemporaneità della politica, che il popolo tende ad esaltare quel premier che con zelo e sincerità cura gli interessi degli elettori? Ora, se Gesù Cristo Re dell'universo ha voluto spasimare talmente per noi, ne deriva che a Lui maggiormente spetta la nostra adorazione e riverenza. In secondo luogo, la solennità ci suggerisce che il Regno di Dio è il luogo della nostra appartenenza nonché la dimensione vitale che motiva tutte le nostre azioni e il nostro essere: non possiamo essere indifferenti all'idea che tutto deve svolgersi nella logica e secondo le esigenze del Regno di Dio: mangiare, lavorare, risposare, studiare... ogni minimo particolare della nostra vita va' svolto in questa logica di servizio e di interesse verso il prossimo sull'esempio di Gesù Cristo, nella consapevolezza che in tutto e per tutto ci si atteggia in relazione al nostro interesse verso gli altri e che in ogni cosa va ricercata la giustizia, l'equità e vissuto l'amore. Perché anche noi possiamo regnare con Lui. LA PAROLA SI FA' VITA -Spunti per la riflessione- --Qual è la forma di autorità o di governo ideale; quella a cui mi sottometterei più volentieri? (In altre parole: come dovrebbe essere per me un'autorità?) --Nelle mie esperienze lavorative o scolastiche, o anche a casa, riesco a vivere l'obbedienza nell'ottica della "collaborazione" e della partecipazione nei confronti di chi mi sta a capo? --Che atteggiamento assumo tutte le volte che, da qualunque parte mi si impongono ordini nuovi e/o inaspettati? Reagisco con spirito acritico o cerco di valutare la cosa, sempre nella dinamica del dialogo? --Cristo ha "regnato" nel servizio: in quale misura e sotto quali aspetti nel mio quotidiano posso imitare siffatta regalità? |