Omelia (31-12-2009) |
Paolo Curtaz |
Giovanni scrive il suo vangelo parecchi decenni dopo Matteo e Luca. Anzi, per dirla tutta, il suo non è neppure un "vangelo" così come lo intendiamo noi. Potremmo dire che è quasi una meditazione sul vangelo. D'altronde, Giovanni dà per scontato che il suo lettore conosca, e bene, la vita e le opere di Gesù. Lui aggiunge, approfondisce, scandaglia, meraviglia. Non gli interessa la nascita di Gesù, patrimonio acquisito quando lui scrive, e inizia direttamente dalla predicazione del Battista, suo Maestro spirituale. Ma, alla fine del vangelo, decide di scrivere una poesia, un inno, un poema che inserisce prima del vangelo. È il famosissimo prologo, diciotto versetti di teologia pura, da prendere in dosi omeopatiche. Riassume tutto il vangelo della nascita, dicendo che quel bambino non è soltanto un grande uomo, un profeta, l'inviato di Dio, ma la sua stessa presenza, la Parola che Dio dona agli uomini per farsi capire, per spiegarsi. Concludiamo questo anno mettendo la Parola al centro, la Parola che ci svela Dio e ci svela a noi stessi, la Parola che vogliamo continuare a meditare. Buona fine anno, buon inizio! |