Omelia (02-11-2002) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 6,37-40 Ieri i santi, oggi i defunti, una luce che rischiara una tenebra, una gioia che contagia una tristezza. La verità della morte, nascosta ai più, oggi, riceve una luce straordinaria nella presenza di Dio e la Parola spalanca il nostro cuore e lo scalda. Strano tempo il nostro: rifiutiamo di parlare seriamente della morte e ci viene proposta ad ogni telegiornale come se fosse la cosa piu' scontata della vita. Eppure è proprio a partire dalla morte che diamo un senso alla vita, proprio la riflessione sul nostro destino ci differenzia dall'animale che va la macello e non capisce... E' dura la morte, incomprensibile, e questo già svela la grande dignità dell'essere umano. Gesù è venuto a svelare il mistero della morte. Siamo immortali e questo spiega l'inaudita sproporzione tra il nostro desiderio di felicità e ciò che riusciamo ad ottenere in questa vita. Immortali nel momento del nostro concepimento, e questa vita ci è data per scoprire la nostra autentica dignità, la misura della grandezza della nostra chiamata, il nostro destino immortale. La morte diventa allora passaggio verso un'altra dimensione di questa stessa vita, verso la pienezza che Dio desidera darci. Ma Dio ci lascia liberi e possiamo tragicamente rifiutare di essere riempiti dalla sua presenza, tragicamente allontanarci dalla beatitudine. San Paolo descrive molto bene questa dimensione con l'immagine del parto: questa vita è come quella del feto che cresce, le doglie del parto il dolore della morte, la vita dell'essere umano la vita eterna. L'eternità è già cominciata, giochiamola bene, facciamo in modo che la morte ci trovi vivi. E chiediamo al Signore che il passaggio della morte, per noi credenti, sia sempre abbandono fiducioso verso la luce del Signore. Oggi la chiesa si raccoglie con fiducia presso i propri cari, la preghiera di suffragio, che accompagna con il nostro amore il cammino interiore dei nostri defunti nel superare le proprie rigidezze, ci renda vicini alle persone che abbiamo amato. |