Omelia (01-11-2010) |
Agenzia SIR |
La causa delle beatitudini è lo sguardo di Gesù. Ha davanti e vicino a sé i discepoli, più distante e in basso la folla di quelli che lo seguono. "Vedendoli", Gesù parla come maestro e come profeta e disegna il profilo del "beato", l'uomo nuovo che tanto gli somiglia. Le beatitudini - ciascuna e tutte insieme - sono infatti l'icona di Gesù, la sintesi sua, del suo insegnamento e della sua opera. Maria potrà dire: mi chiameranno beata. Oggi il calendario si dilata: non uno, non due, ma tutti i santi! Sì, perché il paradiso è abitato da una compagnia che nessuno può conteggiare. Sono i santi anonimi, quelli delle nostre famiglie; anche quelli che non hanno conosciuto Gesù, ma da lui sono stati salvati. Tutti hanno vissuto le beatitudini. Dinanzi a noi si apre la visione dell'assemblea dei santi e degli angeli nella gloria celeste. Una infinita adunanza di comunione, di vita e di gioia strapiena. È il traguardo raggiunto sulla via delle beatitudini. Le beatitudini sono la "biografia" di Gesù; svelano chi è Dio, ma fanno vedere anche il volto dell'uomo compiuto. Levano la maschera alla menzogna esistenziale e ritraggono la faccia della comunità dei credenti; sono la verità della vita e il giudizio di Dio su di essa. Le beatitudini sono la prescrizione e la cura per guarire. Davanti a Gesù ci sono le "folle" e ci sono i "discepoli". Le prime otto sono per tutti, la nona beatitudine è rivolta ad un "voi": è la Chiesa dei discepoli che nasce dalla persecuzione. Il giudizio di Dio capovolge il nostro. Ciò che noi scartiamo ai suoi occhi è prezioso: il povero, l'umile, il disprezzato, il mite, il perseguitato. La seconda parte delle beatitudini, però, contiene la realizzazione della promessa (il possesso del regno, la consolazione, la misericordia...). Ad unire le due parti c'è il "perché". I poveri, gli afflitti, i miti... non sono beati per quello che sono, ma per quello che Dio dà loro. Il primato è di Dio, della sua grazia e del suo amore. Lui fa beato un povero perché gli dona il Regno; un afflitto perché lo consola; un mite perché gli dona la terra; un affamato di giustizia perché lo sazierà di risposta... Dio è la beatitudine. Solo la prima e l'ultima beatitudine hanno il tempo presente (è); le altre sono al futuro. Il Regno è già qui, ma non ancora tutto qui. Il seme, la resurrezione di Gesù, è già sparso e piantato nel solco, ma non è abolito il tempo della crescita e dello sviluppo. Le beatitudini come un "Inno alla gioia". Un inno "composto, suonato, cantato su una collina di Galilea sulla riva del lago. Carta della santità, questo canto di otto strofe. Un solo ritornello: beati! E chi canta? Colui che è la gioia stessa del Padre, la gioia dei poveri" (D.Ange). È Gesù che canta. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |