Omelia (11-11-2010)
Monaci Benedettini Silvestrini
La venuta del regno di Dio

Gesù aveva iniziato la sua predicazione annunciando l'avvento del suo regno: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Molti avevano però frainteso quel messaggio. Erano convinti che il messia atteso dovesse restaurare il regno di Israele, riportarlo al primitivo splendore, riaffermarne il primato sancito da Dio stesso. Una visione tutta umana e ben lontana dalla verità che Cristo stava annunciando. Egli parla del Regno dei cieli e aggiunge, volendo far conoscere la verità della sua missione: «Il regno di Dio è in mezzo a voi». Ribadisce in un altro contesto che il regno di cui egli parla è l'eredità dei santi: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo». Nonostante ciò sarà vittima di quell'equivoco lo stesso Giuda Iscariota, che deluso nelle sue attese, svenderà il suo maestro per pochi denari. Fino all'ultimo Gesù, prossimo alla sua passione, cercherà di correggere tale errore: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». La domanda dei farisei è ancora sulla scia della loro visione distorta sul significato del Regno. Una visione che tra l'altro non è stata mai smessa nel corso della storia. La Chiesa spesso ha subito il fascino del potere e la tentazione del dominio. Pur adorna di divina bellezza, è stata più volte macchiata dalle umane debolezze. Gesù aveva preventivamente messo in guardia i suoi da questa umana tentazione: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti» e ancora: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Tutto il contrario di ciò che pensavano e facevano gli scribi e i farisei: «Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare «rabbì» dalla gente». La Chiesa e tutti noi che siamo le sua membra vive non possiamo prescindere dalla virtù dell'umiltà; il nostro compito nel Regno è quello di affermare con tutta la nostra vita il primato assoluto di Dio. Non dovremmo essere ancora noi a ripudiare il Cristo perché si è lasciato inchiodare alla croce. Il suo regno ora è il regno dei risorti.