Omelia (07-11-2002) |
Paolo Curtaz |
Commento Luca 15,1-10 Dio gioisce per noi, gioisce per me: è lui che ci viene incontro, che affronta la fatica del cammino. Succede anche dalle mie parti, in alta montagna: d'estate le mucche sono ai pascoli alti, oltre i 2000 metri, e può accadere che qualche manzo aggiri le fragili barriere messe dai contadini per andare ad infilarsi in qualche guaio. Ricordo la mobilitazione di massa del paese di Saint Georges quando un manzo era finito in fondo al torrente di Rhêmes: trattori, argani, dieci uomini per tirar fuori uno spaventatissimo manzo. Alla fine grandi pacche sulle spalle e l'abbraccio dell'allevatore alla propria amata bestia. Ho sorriso, pensando alla parabola di oggi in cui emerge tutta l'ansia di Dio per noi e tutta la sua tenerezza. Cosa avreste fatto voi, al posto del pastore? Una volta trovata la pecora smarrita, stanchi e snervati, non l'avreste bastonata per il tempo perduto a cercarla? Macché, Dio è diverso, al solito, se la carica sulle spalle, aggiungendo fatica a fatica... Questo è Dio, amici, qualcuno che ci cerca. Il dramma del nostro fragile tempo non è l'assenza di Dio, ma l'assenza dell'uomo. Il paradosso di questa nostra debole contemporaneità è davvero l'assenza dell'uomo che né si sente perduto, né sente di avere bisogno di essere trovato... Eppure: non vediamo i tanti - troppo - strazianti belati di quegli uomini e quelle donne soli e sconfitti? Dio ascolta, Dio interviene, anche nella tua vita. Sei cercato, amico che ascolti, sei amato, anche se sei perso nella fatica della vita e nella tenebra del peccato che è la non-umanità, Dio ti cerca, non ti aspetta seduto per farti la romanzina. Lasciati trovare! Tu ci cerchi, Signore, là dove siamo. Delicatamente, in silenzio, ci vieni incontro fino là dove la vita ci ha condotti, amico degli uomini, nostro pastore... |