Omelia (20-11-2002)
Paolo Curtaz
Commento Luca 19,11-28

Ritorna oggi, nella versione di Luca, la parabola dei talenti che abbiamo celebrato domenica scorsa. Invece dei talenti le mine, un'altra moneta, ma l'idea è la stessa: abbiamo ricevuto qualcosa da restituire, dei doni da far fruttare, delle risorse da mettere in campo. Può sconcertare l'apparente durezza del padrone che miete dove non ha seminato ma, in realtà, egli è duro solo con chi ha questa idea di lui, scopriamo che il servo malvagio teme la sua severità e nasconde la moneta per paura. Quanto purtroppo è vero questo rischio, quante persone conosco che hanno un'idea severa di Dio e che si accontentano di conservare la mina, di salvare il salvabile, di comprimere la fede in un generico senso del dovere. Quanti discepoli conosco che vedono la fede come una doverosa ma noiosa imposizione da rispettare (perché non si sa mai) e che davvero tengono nascosta in un fazzoletto la loro mina...
No, amici, il Dio in cui crediamo è il Dio sorridente e benevolo del Signore Gesù, che vuole fare di noi dei figli adulti capaci di valorizzare la nostra vita mettendola a servizio del Regno...

Donaci, Signore, di far fruttare i doni che ci hai dato, di avere un cuore largo e generoso come il tuo, Dio che ami la vita!