Omelia (28-11-2002)
Paolo Curtaz
Commento Luca 21,20-28

La terribile descrizione dell'assedio di Gerusalemme tradisce – probabilmente – l'eco di quel tragico evento che le prime comunità vivranno sulla loro pelle e che traspare nella testimonianza di Luca: l'assedio estenuante e la presa di Gerusalemme che porrà fine alla prima guerra Giudaica, siamo intorno all'anno 70, con la conseguente e traumatica distruzione del Tempio. Evento devastante, che fece grande eco in tutto il mondo antico, con l'impatto emotivo simile al nostro 11 settembre, e che venne interpretato dai giudei come la fine del loro mondo. Eppure davanti a tanto scalpore, ad un manifestarsi così devastante della violenza degli uomini, il Signore rassicura i suoi discepoli: alzate il capo, la vostra liberazione è vicina. Figli di questo mondo, pienamente uomini e buoni cittadini, i figli del Regno sanno, comunque, che questa realtà è solo transitoria e che aspettiamo il ritorno glorioso del Signore Gesù che tornerà nella gloria per assumere e salvare la storia. Noi sappiamo già qual è il destino del mondo, sappiamo che non sta precipitando nel caos ma nelle benevole mani di Dio, per un abbraccio che sanerà ogni durezza e dolore. Viviamo perciò quest'attesa in maniera feconda, interpretando i tanti segni della malvagità degli uomini e del dolore della natura come gli ultimi colpi di coda del Maligno e come il grido di sofferenza di una natura che aspetta lei pure di essere salvata e alziamo lo sguardo, continuamente, perché davvero la nostra liberazione è vicina!

Dio che ci ami, aiutaci a non spaventarci e a non scoraggiarci davanti alle contraddizioni del mondo, ma ad alzare lo sguardo in attesa del ritorno nella gloria del Signore e Maestro Gesù.