Omelia (16-10-2002) |
Paolo Curtaz |
Commento Luca 11,42-46 Voglio prendere le difese dei farisei. Sì, abbiate pazienza, ma credo che gli evangelisti ci tenessero a sottolineare i difetti dimenticandone i pregi. Ogni parroco come me vorrebbe almeno qualche fariseo tra i propri parrocchiani: versavano il decimo del proprio stipendio al Tempio! Risolveremmo un sacco di problemi economici delle nostre comunità. I farisei si impegnavano a vivere con scrupolo la legge, per amore di Dio e dell'alleanza cercavano con la fedeltà di contrastare al generale rilassamento del popolo. E' l'atteggiamento che, alle volte, vedo in alcuni gruppi o persone che, con semplicità e rettitudine, cercano di mantenersi fedeli al Vangelo. Cosa, allora, non va, cosa Gesù contesta di questo atteggiamento? Potremmo definirlo un eccesso di rigidità, un concentrarsi troppo su se stessi, un dimenticare l'amore. Prima della legge c'è l'amore, e l'amore è il metro di giudizio e dell'opportunità della legge. Un amore serio, severo, esigente - come dev'essere l'amore - ma pur sempre amore. Ecco: i farisei erano deficitari in amore, scarsi in affetto, mancanti di quella compassione che - invece - Gesù dona con abbondanza. Il Maestro non giudica le persone deboli: le ama, non le offende; le rispetta, non mostra loro i difetti: ama il peccatore disprezzando il peccato. E la sua tenacia scardina i cuori, smuove Matteo, fa scendere Zaccheo, fa piangere la prostituta, incrina la saccenza di Nicodemo, inquieta Pilato. Non trascuriamo le norme, i gesti che concretizzano la fedeltà al Signore e la rendono possibile, ma allarghiamoli e riempiamoli di senso con l'amore che Dio solo può dare e che siamo chiamati a distribuire con generosità. Un appunto, ancora, a chi nella comunità si occupa dei fratelli, ai ministri: Gesù non ha peli sulla lingua e non si preoccupa di offendere nessuno: chiede ai dottori della legge di vivere ciò che propongono, di non affidare pesi che essi non sfiorano neppure con un dito, Fratelli preti, amici religiosi, il nostro mondo non ha bisogni di guru o di maestri, ma di testimoni autentici, che non hanno paura dei loro limiti e che sanno valorizzare le persone. Il piglio di Gesù, oggi, ce lo mostra uomo deciso, schietto, ben diverso da quell'immagine melensa e rassegnata che alle volte immaginiamo: l'amore alle volte è esigente, pretende perché dona tutto. Donaci, Signore, autenticità di cuore, di non trascurare la norma riempiendola però d'amore, di non sentirci maestri ma fratelli, di non avere paura quando, attraverso la vita, ci chiedi di cambiare atteggiamento. Tu ci ami, Signore, ogni giorno e per l'eternità. |