Omelia (23-10-2002) |
Paolo Curtaz |
Commento Luca 12,39-48 Aspettiamo la venuta del Signore Gesù, quindi. Alla fine dei tempi, nella gloria, alla fine della nostra vita, con l'incontro con sorella morte, ma anche nella quotidianità, in quella silenziosa venuta del Maestro che può davvero convertire il nostro cuore... Le prime comunità cristiane, però, aspettavano con ansia il ritorno del Signore e molti, col passare degli anni, cominciavano a dubitare. Non mi stupisco. Quante volte mi sono trovato a pensare: quando il Signore tornerà? Non avete anche voi l'impressione che - malgrado tutto - dopo duemila anni, le cose non siano poi così tanto cambiate? Che il ritorno del Signore diventi sempre più un'attesa in cui la speranza si affievolisce? Perché impegnarsi tanto nell'osservare il vangelo se le cose non migliorano? San Paolo ci viene in aiuto: il Signore tornerà quando il suo corpo - che è la Chiesa - sarà completo. Lui è il capo, la testa, se venisse anzitempo il suo corpo sarebbe una specie di mostro. Avvicinare il ritorno del Maestro dipende, quindi, anche da noi: solo se siamo capaci di renderlo presente nella Chiesa, solo quando la sua Parola avrà raggiunto il cuore di ogni uomo, il Signore tornerà. Nell'attesa costruiamo pezzi di Regno senza stancarci, senza scoraggiarci, sapendo che il Regno di Dio avanza, che l'amore illumina le tenebre più profonde, che il Maestro lo rendiamo presente, oggi, con la nostra disponibilità. Quando tornerai, Signore? La notte è lunga e i tuoi figli si scoraggiano. Rendi forte la nostra speranza, rendi fattiva la nostra opera, che il nostro lavoro, oggi, avvicini l'umanità al Regno. |