Omelia (30-10-2002)
Paolo Curtaz
Commento Luca 13,22-30

Credere è difficile, che scoperta! Essere discepoli, oggi, è fatica che richiede carattere e lotta. Mia nonna spesse volte mi parlava dei fioretti che le consigliava l'anziano parroco. Oggi è un fioretto restare credenti! Tutto ci allontana dal vangelo, tutto annebbia la sua logica, tutto contraddice la sua novità. Meglio chiudere la fede in un angolo della coscienza, meglio annacquare la fede fino a renderla inconsistente: che Dio si accontenti - che diamine! - del tempo che riusciamo a dargli! Lasciate stare le piccole devozioni, amici, qui si parla di una grande lotta, di una purificazione interiore, del tempo della lotta e del martirio. La fede non è più dato acquisito - lo è mai stato? - e scegliere di essere discepoli rischia di farci allontanare dagli altri, di essere derisi e giudicati. Porta stretta, anzi strettissima, quella attraverso cui il Signore ci chiede di passare. Difficile per chi, come me, lavora full time nella costruzione del Regno, difficile per chi propone valori derisi come l'unità del cuore e la povertà e l'obbedienza, ma più difficili ancora per chi è chiamato a vivere totalmente immerso nella logica di questo mondo conservando e testimoniando un mondo diverso. Difficile per chi lavora nel mondo dell'economia e vuole salvaguardare la dignità dell'uomo, difficile per chi vuole costruire la propria vocazione matrimoniale nella fedeltà e nell'accoglienza...
Non scoraggiamoci, amici, siamo davanti ad una grande impresa, siamo come le prima comunità cristiane sparse nel bacino del mediterraneo che, grazie alla loro fedeltà, hanno fatto giungere il vangelo fino a noi oggi...

E' dura Signore, e tu lo sai: dura essere autentici, dura esserti fedele, dura non sentire le sirene che ci ammaliano verso paradisi artificiali venduti a buon mercato, dura essere uomini, dura essere discepoli. Ma tu sei con noi e riempi il nostro cuore di speranza, Dio che ami la vita.