Omelia (25-12-2010)
Suor Giuseppina Pisano o.p.
Il Verbo si è fatto carne

La lunga attesa di un salvatore, l'attesa che ha attraversato nel Popolo eletto tutta la storia dell'umanità e che abbiamo celebrato nel tempo liturgico dell'Avvento, è ormai compiuta; le antiche profezie si son realizzate; le parole del Profeta che annunciavano: "La vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele.." (Is.7,14) son diventate realtà visibile nella grotta di Betlemme.
L'Emmanuele, Dio-con-noi, è apparso nel mondo; l'uomo non è più solo, il corso della Storia è ormai cambiato e va verso la salvezza; agli uomini è offerta la vita eterna, che è partecipazione della stessa vita divina; infatti, Dio, in Gesù di Nazareth, il Cristo, si è fatto uomo, e parla a noi da uomo.
"Il Verbo si è fatto carne" proclama oggi la Chiesa, riproponendo alla nostra contemplazione quello stupendo inno Cristologico che è il Prologo del Vangelo di Giovanni. "Il Verbo si è fatto carne", e in Lui Dio ha assunto, mediante un corpo nato da donna, tutta la realtà fragile dell'uomo, quella realtà limitata e vulnerabile, bella, gioiosa e tragica, insieme, che sperimentiamo nella nostra persona e conosciamo attraverso la storia degli uomini di ogni tempo e di ogni latitudine.
Quel Verbo, che è, fin da principio, eterno, luminoso e beato, si immerge nella miseria umana e con essa vive, per riportarla al suo splendore originario.
E così scriveva, quasi a commentare questo evento, Dietrich Bonhoeffer nel lontano 1944: "Dio è impotente e debole nel mondo, e, così soltanto, rimane con noi e ci aiuta. Cristo non ci aiuta in virtù della sua onnipotenza che ci sovrasta, ma ci aiuta in virtù della sua sofferenza...".
Si, Dio, in Cristo, è debole e soffre, come ogni altro uomo, e lo vedremo durante tutto l'arco della sua vita, il figlio di Maria di Nazareth e del carpentiere Giuseppe; il Verbo di Dio, il Figlio unigenito, che ha posto la sua dimora tra noi, noi lo seguiremo, durante tutto l'anno liturgico, nel suo peregrinare, ascolteremo le sue parole, ci stupiremo per i suoi miracoli, e lo accompagneremo, con fede, sino al compimento del suo tragico destino a Gerusalemme.
Ma chi è quest'uomo che attira le folle?
Chi è questo rabbi che disturba scribi e farisei?
Lo condanneranno per essersi proclamato Figlio di Dio, e lo è veramente, perché è lui il Verbo della vita, Lui la Sapienza del Padre, attraverso la quale tutto è stato fatto "e, senza di lui, ci dice ancora Giovanni, nulla è stato fatto di ciò che esiste". Perché: "In lui era la vita..."
Il Bambino che oggi contempliamo con tenerezza, Il Maestro che aveva detto di sé: "Io sono la via, la verità e la vita", il Servo sofferente di Jahwèh, sfigurato dal dolore, che consuma la sua vita su una croce, sul Golgota, è Colui che era fin da principio, coeterno col Padre e della sua stessa sostanza; egli è la Sapienza stessa di Dio, è la Luce che illumina e viene nel mondo per vincere ogni tenebra, e, prima fra tutte, la tenebra del peccato che reca morte.
Il Verbo di Dio, il Figlio unigenito, è venuto nel mondo, quel mondo che esiste per mezzo di Lui; continua ancora Giovanni: "eppure il mondo non lo ha riconosciuto."
"Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto".
E' la storia dell'umanità che, nella pienezza dei tempi si è trovata, come già alle origini, a scegliere se fidarsi di Dio, della sua parola e del suo dono, oppure rifiutarlo; è la Storia simboleggiata nel Popolo eletto, che non riconosce il Messia inviato, e lo rifiuta, condannando a morte Gesù di Nazareth, il Cristo; ed è la storia che ancora continua, tra l'accoglienza del Figlio di Dio il Redentore, o il rifiuto di credere in Lui, per seguire altre vie, altre promesse e altri " messia". E' la drammatica storia della libertà dell'uomo di fronte a Dio, il Dio che salva in Cristo, ma che ci lascia liberi di accoglierlo e seguirlo, o rifiutarlo.
Tuttavia, continua il Prologo di Giovanni: "a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome..."; e, San Gregorio Nazianzeno, così commenta questo evento unico e grande: "L'uomo assume ora la sua vera dimensione, perché egli non è veramente uomo se non in Dio. E c'è forse una presenza in Dio più forte della filiazione divina? Proprio ora, il Re in esilio rimette piede sulla terra, preparata per lui e, nello stesso tempo, l'uomo ritrova il suo "posto", la sua vera casa, la sua vera terra: Dio."
Dalla grotta di Betlemme nasce così un annuncio, che ripetiamo con le parole stesse di Giovanni: "Vi annunciamo ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto, ciò che noi abbiamo contemplato, ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della Vita. Poiché la Vita si è fatta visibile... vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile...".
Questo è un annuncio che deve accompagnare tutti i giorni della nostra vita di credenti, uomini e donne che, col Battesimo, appartengono a Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo, che oggi contempliamo nella tenera fragilità del bambino di Betlemme.

sr. Maria Giuseppina Pisano o.p. mrita.pisano@virgilio.it