Omelia (17-12-2010)
Monaci Benedettini Silvestrini
Testimonianza del Padre e di Giovanni

Due pensieri dominano le letture odierne: la chiamata universale a onorare il vero Dio e la testimonianza di Giovanni e del Padre alla missione di Gesù. Isaìa invita il popolo di Israele alla pratica della giustizia, quindi alla rettitudine a tutto campo poiché la salvezza sta per arrivare. In particolare richiama alla osservanza del "shabbat", della festa, come affermazione dell'assoluto dominio del Signore sul suo popolo e su tutto il creato. L'anelito alla salvezza appartiene ad ogni uomo e ad ogni popolo. "Dio allarga il suo sguardo di misericordia anche sullo straniero e sull'eunuco". Per tutti c'è salvezza, purché si voglia accogliere il vero salvatore che è il Verbo dell'onnipotente Dio. Questo passo sembra così attuale per gli interrogativi che sorgono circa la salvezza dei non cristiani... Dio è il creatore di tutto quanto esiste nel mondo. La salvezza è nelle sue mani ed egli sarà capace di offrirla anche a chi non ha avuto la fortuna di incontrare Cristo nelle vita. Non tocca a noi conoscere il mistero di Dio, dovrebbe essere nostro impegno di cooperare con la grazia per meritare la salvezza. Gesù nel vangelo parla della testimonianza che Giovanni ha dato di Lui, ma dinanzi ai Giudei egli si appella alla testimonianza delle opere che compie in nome del Padre, per rivendicare la sua missione di salvezza. Mi sembra che il testo evangelico voglia dire anche a noi che non bastano le parole per essere a posto dinanzi a Dio, ai fratelli e alla propria coscienza. Dovremmo dar voce alle opere se le abbiamo, diversamente, è preferibile il silenzio e l'implorazione della misericordia di Dio.