Omelia (25-12-2010) |
don Carlo Occelli |
Tutto qui? Eccoci qui, questa volta ci siamo. Quattro settimane di cammino. O forse meno, forse qualche giorno, qualche ora. Non lo so, ma ora siamo qui. Il Battista, Isaia, Maria e Giuseppe sono stati per noi messaggeri autentici e tosti, ci hanno presi per mano e accompagnati alla grotta, a qualche metro. Ora tocca a noi. Siamo qui, sei qui!, per vedere che succede. Siamo qui con il desiderio di non essere semplici spettatori di un presepe finto. No, noi vogliamo buttarci dentro il presepe che è la nostra vita. Andiamo insieme incontro al Signore che viene: buttiamoci in questa pagina che ci rende contemporanei di Gesù. Inizia con solennità il vangelo. Luca ci tiene a farci capire che non ci sta raccontando una pia favoletta, ma un evento storico ben situato, con delle coordinate che tutti sono in grado di intendere e riconoscere. Un censimento di tutta la terra. Mamma mia che pretesa! Effettivamente. Roma è al centro del mondo con Cesare Augusto che instaura un periodo di "pace" (si fa per dire!): tutto da quel centro prende vita. Ed è il grande Cesare Augusto ad ordinare il censimento, per sapere quanti sudditi ci sono nell'impero, quanti possono pagare le tasse e su quanti ipotetici soldati si può far affidamento. Curiosa situazione. Eravamo abituati a pensare che è Dio che ci conosce tutti, l'unico ad avere in mano il vero censimento, l'unico ad avere le carte in regola per poter dire: so quanti sono gli uomini. Già, eravamo abituati... a tante leggende su Dio, prima che arrivasse Lui, Gesù di Nazareth. Ed è Dio che si fa censire allora. E' Dio qui che si fa uno di noi, entra nel mondo. E lo fa dalla entrando dalla porta del retro. Roma è al centro, lui nasce a Betlemme... alla periferia del mondo. In questa periferia almeno poteva scegliere Gerusalemme no? No, Betlemme. Gli evangelisti non barano. Se sei disposto a farti rivoltare come un calzino tutte le idee che ti sei fatto di Dio, se vuoi sentire una storia che sembrerebbe non avere nulla a che fare con l'Altissimo Onnipotente creatore del cielo e della terra... allora continua a leggere. Altrimenti cerca altrove. Il mondo è pieno di libri e testi di spiritualità. Le religioni ci sono da quando mondo è mondo. Penso anche solamente a quanta letteratura cristiana abbiamo prodotto in duemila anni di storia noi cristiani: milioni di testi, molti dei quali bellissimi. Alla fine ci ritroviamo qui a Natale, alle soglie della grotta, a dirci: ecco il nostro Dio. Un bambino posto in una mangiatoia. Qui c'è già l'uomo che vedremo sulla croce, c'è colui che verrà avvolto nel sudario per essere deposto nel sepolcro. Signori, questi è il nostro Dio. Liberi di andarcene. Di pensare: tutto qui? Si, amico, è proprio tutto qui. La grandezza di Dio in una grotta, il profumo d'incenso è quello di una stalla. I candelabri? Nemmeno l'ombra. I pizzi, i ricami dorati, i merletti pregiati... nulla. Il Dio infinito in una mangiatoia. Quanto volte in questi giorni ci capita di dire e di sentire quelle parole Buon Natale. Ebbene, pronunciamole con radicalità quelle parole, noi cristiani! Buon Natale significa che quello che abbiamo da dare al mondo è proprio tutto qui. Fermiamoci a contemplare il nostro tesoro, non ce ne sono altri! In quella grotta nasce la Chiesa! Nasce in quella notte una chiesa povera, fatta di poveri e di disgraziati. La gente per bene è altrove, nelle comode stanze. La gente per bene frequenta la sinagoga per pregare e ascoltare la Parola, non una stalla. La gente per bene, quella che conta, la si trova nei palazzi di Roma e di Gerusalemme. Qui c'è solo un bambino in fasce deposto in una mangiatoia. Curioso, colui che si farà pane per ogni uomo, è fin dall'inizio posto in un luogo dove si mangia. Dove mangiano le bestie però. Scusate: ma c'è ancora posto per un Dio così? C'è posto per un Dio totalmente uomo? Per un Dio di cui bisogna prendersi cura? C'è ancora posto nelle nostre chiese per questo Dio? Vogliamo ricordarcelo? Vogliamo chiedercelo? Altrimenti il Natale passa, il panettone si mangia e noi si rimane però con il cuore vuoto. L'annuncio di questa straordinaria nascita viene data ai pastori. Anche qui converrebbe che ci spogliassimo di quella idea che i pastori fossero gente poetica, con il cuore da fanciullo e un viso carinissimo. I pastori erano normalmente della gente di cui non ci si poteva fidare, non erano considerati autentici testimoni, gente per bene appunto, di cui ci si potesse fidare. Ma la gente per bene è altrove. Curioso, Dio viene e i testimoni sono coloro che non sono considerati attendibili. Dice il vangelo "è nato per voi il Salvatore". Per te, amico, è nato il Salvatore. Per te considerato poco attendibile è nato il Salvatore. Per te che hai preso botte dalla vita, per te è nato il Salvatore. Per te che pernotti all'aperto ogni notte alla stazione, per te è nato il Salvatore. Questo mi racconta il vangelo. Ancora una volta, oggi, in questo giorno, mi ripete: Non temere. Lo dice a Maria, lo dice a Giuseppe, lo dice ai pastori... lo ripete a tutti: non temete. Non temere. Non avere timori, io sono con te. Qui c'è un Dio che non ci toglie dai pasticci, non ci toglie dalla sofferenza, non ci toglie dalla precarietà, dalla povertà, dalla periferia. A questo, dobbiamo pensarci noi cristiani! Annunciamo un Dio così, un Dio vicino. Non con le nostre parole, ma con il farci prossimi noi ai pastori di oggi. Fermati un istante. I pastori sono i disprezzati del mondo. C'è qualcuno che non ti va a genio nella vita, qualcuno che magari disprezzi? Avvicinati a lui, è la tua strada verso Dio. E sarai condotto alla gioia. Buon Natale. |