Omelia (25-12-2010)
don Luca Orlando Russo
Tu sei mio figlio!

Le letture bibliche della liturgia si pongono una domanda: Chi è colui che è nato? Siamo invitati a trasferire ormai tutta l'attenzione dai personaggi al protagonista; vengono in mente quelle rappresentazioni del Natale, in cui si vede una schiera di personaggi Maria, Giuseppe, i pastori, gli angeli in cerchio, intorno alla culla con i volti illuminati da una luce forte e calda che proviene dal bambino che sta al centro. Ecco, in questo momento dobbiamo passare dai riflessi alla sorgente di quella luce, staccarci dai pastori e perfino da Maria che ci ha fatto da guida amorosa fin qui e contemplare solo Lui, Gesù. Chi è questo Bambino? Egli è la Parola stessa del Padre, pronunciata prima di tutti i secoli. Non era però una semplice parola, una forza oscura che si agitava nella mente di Dio, ma una persona.
La liturgia, tuttavia, non si arresta un solo istante a questa contemplazione di Gesù in sé, com'era prima e fuori del tempo, ma continuamente ci sospinge a contemplare chi è Gesù «per noi». Gesù è il «Dio con noi», ma anche il Dio per noi; un Dio di uomini, ma anche un Dio per gli uomini. Dio in persona è venuto a consolarci e a salvarci, non più un angelo o un profeta (cfr Is 63, 9); ecco il vero senso del mistero del Natale.
Ma con la nascita di Gesù Cristo, Dio non ci ha dato soltanto la sua Parola, ci ha dato la sua Vita, cioè ci ha fatti suoi figli. Noi dunque non celebriamo solo il Natale di Gesù, ma anche il nostro natale, perché la nascita di Gesù segna la nostra rinascita. Nella seconda lettura, abbiamo ascoltate quelle parole solennissime: Tu sei mio Figlio oggi ti ho generato! È Dio che parla; ma a chi parla e di chi parla? Del Figlio suo Gesù Cristo, non c'è dubbio; così ha inteso tutta la tradizione cristiana. Ma Gesù Cristo non è solo; è «il primogenito tra molti fratelli» (Rom 8,29); in lui anche noi siamo stati «scelti per essere figli adottivi» (Ef 1,5). E anche a ciascuno di noi, dunque, che il Padre rivolge oggi quelle sue parole: Tu sei mio figlio: oggi io ti ho generato!
A qualcuno di noi questa rinascita può sembrare lontana, impossibile, tanto si sente freddo, incredulo o indegno; tanto si sente ancora schiavo e non figlio. Forse qualcuno è reduce da esperienze di rottura e di lontananza da Dio come il figliol prodigo ed ha ancora in bocca il sapore delle ghiande contese ai porci; in cuor suo, osa appena sperare di essere riammesso in casa come «uno dei servi» (cfr Lc 15,19). Ma ecco che Dio gli viene incontro e gli dice con grande forza: Tu sei mio figlio! E a me, ministro della sua parola, ordina di parlare al tuo cuore e di gridarti forte: Ascolta, è Dio che ti parla e ti dice: «È finita la tua schiavitù» (cfr Is 40,2); Dio Padre ti ha già liberato dal potere delle tenebre e ti ha trasferito nel regno del suo Figlio diletto; in lui tu hai avuto la redenzione e la remissione dei peccati; il peccato non ha più potere su di te! Devi solo accettare tutto questo, dire sì a Dio e ringraziarlo con gioia. Poi, se non lo hai ancora fatto, sentirai tu stesso il bisogno di porre il tuo fardello di reduce dal peccato nelle mani di un ministro della Chiesa perché tu possa ascoltare anche con le tue orecchie di carne la parola di Cristo che perdona e risana: Coraggio figliolo ti sono rimessi i tuoi peccati (Mt 9,2).
Nessuno è escluso dalla gioia di questo giorno; a chiunque l'accoglie, Gesù dà il potere di diventare figlio di Dio, indipendentemente dall'età e dai meriti e dipendentemente solo dalla fede. Ricordati di quale Padre sei figlio! Ricordati, quando ti senti tentato o avvilito o solo, di quelle parole che oggi hai ascoltato e accolto nella fede: Tu sei mio figlio: oggi io ti ho generato!