Omelia (25-12-2010) |
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E' nato il Salvatore Il Regno dei cieli, ricordato e predicato tante volte da Gesù, ha oggi un riferimento territoriale così preciso che ce ne viene indicato non solo il capoluogo, Betlemme, ma addirittura la casa del re: una grotta sperduta nella notte. Betlemme è una città regale: mille anni prima vi era nato David, fondatore del Regno di giudea; oggi ricordiamo che vi nacque Gesù, fondatore del Regno dei cieli. Il Vangelo di questa notte ci ha ricordato come avvenne: rammentarlo è abbandonarci all'incanto di un racconto che da due mila anni meraviglia chi sa riacquistare la semplicità dei fanciulli. Pacificato il mondo, Cesare Augusto ordinò il censimento di tutto l'impero con l'obbligo, per ognuno, di iscriversi nel luogo di origine. E così Maria e Giuseppe, che vivevano a Nazareth, salirono a Betlemme (150 Km di cammino), come discendenti della famiglia di David. Che il Salvatore sarebbe nato a Betlemme era scritto nei libri dei profeti; a l'imperatore non poteva immaginare che, riempiendo le strade di carovane, egli favoriva l'adempimento delle profezie. Vien quasi voglia di credere che il censimento fosse stato indetto solo per questo. Fin dall'infanzia sappiamo che Maria e Giuseppe, non trovando posto nell'albergo degli uomini, ripiegarono in quello degli animali. E là, la giovanissima Maria, che nascondeva nel grembo il mistero nascosto nei secoli, diede alla luce Gesù, deponendolo in una mangiatoia. Posta ai limiti del deserto, Betlemme confinava con i campi dei pastori, anche in quella notte di sentinella, attorno alle ceneri del bivacco. D'improvviso li avvolse un chiarore che illuminò valli e colline e udirono un angelo che parlò con parole di luce: "Vi annuncio una grande gioia: a Betlemme è nato il Salvatore; andate a trovarlo". La notizia era troppo straordinaria perché si indugiasse a discuterne l'attendibilità e i pastori si buttarono sulle scorciatoie, diretti a quella grotta avvolta di luci e di canti: "Pace in terra agli uomini che Dio ama". Ci furono davvero gli Angeli quella notte? Più d'un critico ha parlato di favole, ma egli ha dimenticato che la verità è spesso così bella da sembrare una favola. E poi quella critica documenta una grande aspirazione dell'anima umana: la pace, intesa come stato d'animo e come anelito dell'umanità. A noi interessa questa realtà e lo stato d'animo che la determina. Alla pace romana che regnava nel mondo in quell'anno ed era la tregua delle armi, seguiva la pace cristiana, che è serenità di spirito, frutto di impegno e di opere buone. Alla civiltà militare, succedeva una civiltà umana, o addirittura celeste. Accanto a questi particolari di luce, che fanno più santa la notte santa, c'è però una macchia scura, una frase che rivela una notte empia, il cui ricordo dovette gettare un'ombra di tristezza su tutta la vita dei due sposi. La frase, brevissima, è questa: "Lo deposero in una mangiatoia perché non c'era posto per loro nell'albergo". Un atteggiamento gravissimo nei confronti di Dio, il quale non compie mai violazioni di domicilio (ma bussa e chiede ospitalità in punta di piedi. Per questo è meno grave averlo condannato alla croce che averlo condannato alla mangiatoia. Eppure Egli portava la gioia in un mondo disperato anche nei suoi figli migliori che ricevettero più di quanto avevano creduto possibile: Elisabetta, la sterile, ha un figlio; Zaccaria, l'incredulo, profetizza; la Vergine è madre; i pastori parlano con gli angeli; i magi camminano sulla scia di una stella. A distoglierci dall'idea che si tratti di episodi di altri tempi, c'è nella liturgia un avverbio che, nella sua semplicità, esprime la continuità della salvezza: oggi. Oggi Gesù nasce fra noi; oggi Dio si fa uomo; oggi il vangelo risuona sulla terra; oggi vediamo la gloria di Dio; oggi si manifesta la presenza del Salvatore, che è Cristo Signore. Diamo quindi a questo oggi così significativo un'attualità particolare soprattutto per tre categorie di persone che la radio ci avvicina maggiormente: e cioè i malati, coloro che sono in viaggio e coloro che vivono soli. A te malato, la nascita povera e umanamente triste di Gesù dice che la tua croce, anche se durasse tutta la vita, è una situazione provvisoria. Il calvario, che la nascita di Gesù richiama con le bende che lo avvolsero nella mangiatoia e nel sepolcro, non è un luogo di stabile dimora. Nel Vangelo è detto che l'agonia durò "da mezzogiorno alle tre", quando si fece buio su tutta la terra. Dopo le tre ore le croci saranno rimosse: una presenza più lunga sarà considerata illegale anche da Dio. Coraggio, quindi, c'è anche per te una pietà sovrumana; anche per te c'è un grembo dolcissimo di donna che ti avvolge con tenerezza; anche per te c'è una delicatissima mano che ti fascia con bende tessute in lunghe veglie amorose. Tu che sei in viaggio, non dimenticare il viaggio di Maria e Giuseppe a Betlemme; il viaggio della S.Famiglia verso l'esilio in Egitto; il pellegrinaggio annuale di Gesù a Gerusalemme; la sua partenza da Nazareth; i suoi lunghissimi spostamenti da un capo all'altro della Palestina; le sue ascensioni sui monti, fino all'ultimo, il più basso, da cui non discese più. Soprattutto ricorda che la vita è un viaggio: orientala perciò sulle direttrici giuste e che si chiamano accoglienza, riconciliazione, condivisione, le uniche che garantiscono la salvezza. Tu che sei solo e ti fai compagnia con la radio, ricorda che Natale celebra la compagnia di Dio con l'uomo. E non dimenticare la solitudine di Maria nella casa lasciata vuota dal Figlio; la solitudine di Gesù nelle notti di preghiera; la solitudine dell'orto degli ulivi e quella angosciosa della croce che gli strappò un lamento vicino alla ribellione: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Fratelli, a voi che più degli altri rivivete sulle vostre persone tante situazioni della vita di Gesù, giunga un particolare augurio di Natale. Augurio che vi aiuti a riscoprire il senso della vita, il gusto delle cose essenziali; il sapore di quelle semplici; la rassegnazione nella sofferenza; il coraggio dei passi decisivi; la gioia della liberazione dal male; la generosità nell'impegno nel bene. Piccole virtù che permettono di vivere il Natale, più che festeggiarlo, e che cambieranno non solo la faccia della terra (in questi giorni rimessa a nuovo in tante parti del mondo), ma saluteranno con indicibile tenerezza la nascita dell'uomo nuovo, fatto davvero a immagine di Gesù e iscritto per sempre nel censimento del cielo. |