Omelia (02-01-2011) |
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PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE a cura di Daniele Salera In questa seconda domenica di Natale la liturgia ci offre un'ulteriore chiave interpretativa dell'Incarnazione: in essa i nostri sensi umani attestano la realtà della Sapienza ed attraverso di essa ci è dato di essere figli. Vorrei cominciare prendendo spunto da un racconto a me molto caro citato dall'amato card. Špidlík nel suo libro "Conosci il Padre, il Cristo e lo Spirito?" (ed. LIPA). RACCONTO DALLA VITA DI UN SANTO Serafino di Sarov (1759-1833) è una delle figure più popolari fra i santi russi. La sua vita di monaco, stilita e infine starets (padre spirituale) è piena di vicende interessanti e di visioni. In questa vita si raccontano anche i suoi miracoli. Tra i primi, avrebbe guarito da un grave reumatismo un certo Nicola Motovilov, che poi scrisse i suoi ricordi, tra i quali c'è anche quello che segue (un po' abbreviato). Era un giovedì, una giornata piuttosto fosca. Lo strato di neve era abbastanza alto e ricoperto da brina gelata e mista a neve. Padre Serafino prese a conversare con me nel praticello accanto a due eremitaggi. «Dio mi ha rivelato, disse che in gioventù tu desideravi sapere qual è il fine della nostra vita cristiana e che più volte hai interrogato in proposito persone importanti ed esperte di cose spirituali. Ma nessuno ti ha detto qualcosa di preciso a riguardo. Tì hanno detto: «Vai in chiesa, prega Dio, osserva i comandamenti di Dio, fai il bene. Ecco il fine della vita cristiana per te». Non ti parlavano come si conviene. Ora io, povero Serafino, ti esporrò qual è realmente il fine della vita cristiana». «La preghiera, il digiuno, le veglie e tutte le altre opere del cristiano, per quanto eccellenti in sé, non sono il fine della vita cristiana, benché siano i mezzi indispensabili per raggiungerlo. Il vero fine della vita cristiana consiste nell'acquisto dello Spirito santo». «Che acquisto? - chiesi a Padre Serafino. Non capisco bene». «Tu capisci cosa vuol dire guadagnare del denaro. Ebbene, è esattamente la stessa cosa per l'acquisto dello Spirito divino. Le mercanzie sono le azioni virtuose compiute per Cristo; esse ci procurano la grazia dello Spirito Santo, senza la quale nessuno si salva né può salvarsi. Ma è soprattutto la preghiera che ce la dà. Grande è la forza della preghiera. Per mezzo suo siamo ammessi a parlare al nostro Salvatore e Signore». Questo testo disarma per la sua semplicità e mette ordine sul nostro cammino di pellegrini indicandoci la strada. Si parla dell'acquisizione dello Spirito Santo e ce ne dà il desiderio aiutandoci a comprendere come esso sia la grazia delle grazie. Cristo è la Sapienza attesa, in Lui trovano compimento gli insegnamenti dei sapienziali (ricordiamo in particolare non solo per intero i libri della Sapienza e la raccolta dei Salmi, ma due testi assai significativi del Siracide: 2,1-23 e 6,18-37). Ora l'uomo che vuole apprendere come vivere sapientemente non dovrà più solo mettere in pratica dei precetti o consigli (la "Legge" del prologo giovanneo) ma seguire e ascoltare Colui che, atteso, è venuto e verrà. Lui solo può aiutarci a superare la pedagogia della Legge e a riconoscere il "Maestro interiore": lo Spirito. Dunque proporrei di leggere i testi di questa domenica scorgendone la trama sottesa: chiedete e ottenete lo Spirito. Egli vi darà la Sapienza cioè la presenza reale di Cristo nella spirito del credente. Chiedete lo Spirito e non ci sarà più bisogno della Legge poiché ci aiuterà a passare dal dovere al bisogno, e dal bisogno al valore. Realizzerà cioè quella maturazione dell'uomo credente necessaria per passare dal "mi piace" eternamente in conflitto con il "si deve", al "mi giova" piuttosto affine all'arte del discernimento dell'uomo spirituale. Lo Spirito trasfigurerà dunque i nostri desideri assimilandoli ai desideri di Dio realizzati in Cristo. Il desiderio è normalmente per ciascuno di noi collegato alla necessità di vivere una vita piena, migliore dell'attuale, più felice. Per il credente il desiderio si lega al bisogno di stare con Dio, di vederlo, di assomigliargli... in fondo è il desiderio che gli proviene dal sesto giorno della creazione, quello in cui ha ricevuto il soffio divino dell'immagine e della somiglianza. Il nostro è dunque il desiderio che nasce da una relazione incompiuta...quella con Dio e da una somiglianza incompiuta...quella con il Figlio. Infine il desiderio è una traccia del passaggio dello Spirito in noi... pensiamo a quello che siamo in grado di fare quando desideriamo. Ora il desiderio è normalmente bruciato dalla soddisfazione immediata, cioè quello che possiamo dire è che il soddisfacimento immediato dei desideri, di fatto ci rende incapaci di tendere verso, di accrescere il desiderio. Desideri banali sono mossi da bisogni banali ecc. Per desiderare bisogna avere un centro ...Ma il centro deve essere in grado di unificarci di sintetizzare bisogni e valori, unificare gli affetti e le motivazioni. Se il centro sono io (anche la parte migliore di me) comunque torno a me e tutto si relativizza a me medesimo, se invece accetto di porre il mio centro in Dio ecco che bisogni e valori, desideri e motivazioni ad agire sono in lui centrati e da lui attratti. Se poniamo il cuore del desiderare in Lui allora questo desiderio non sarà mai sazio per tutta la vita ma ci porrà in cammino...pellegrini. Non c'è desiderio che non abbia bisogno di conseguenti decisioni altrimenti è fallace, pericoloso, logorante. Nella vocazione di ciascuno, il desiderare dell'uomo è preceduto dal desiderare di Dio...Dio ci ha desiderati per primo, ciò che impedisce la realizzazione del desiderio di Dio può essere un limite, limite che però da oggi vogliamo prenderci il tempo di guardare in faccia, guardando Lui... il Figlio. SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE a cura di Rocco Pezzimenti 1. Il Vangelo di oggi è uno di quei rari brani che ci obbligano a fare un esercizio di umiltà. La nostra ragione avverte che si deve arrestare davanti al mistero. Non tutto può essere spiegato: prima che la ragione riesca ad attingere qualcosa, c'è la sapienza di Dio che, se accettata, ci dà la chiave per capire il senso ed il destino della nostra vita, se rifiutata ci fa perdere qualunque rapporto con la divinità generando in noi presunzione e tristezza. Ecco il senso di "Venne fra i suoi ed i suoi non lo hanno accolto", ma subito aggiunge "A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio". Questa dipendenza dal Padre è il primo insegnamento che dobbiamo raccogliere. 2."In principio"! Momento che precede tutto che, come dice San Paolo, è "prima della creazione del mondo", momento nel quale c'era solo la vita di Dio, ma noi eravamo già presenti nel suo amore. Eravamo scelti, "per essere santi ed immacolati di fronte a lui nella carità". Eravamo già chiamati per nome, come dice altrove la Scrittura, quindi riconosciuti, individuati nella nostra unicità. Presenti al Padre, presenti al Figlio, perché "Egli era nel principio presso Dio". Chiamati sin da allora ad essere fratelli perché, ricorda ancora San Paolo, già predestinati "ad essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo". Per capire questo, prego, ricorda l'Apostolo, perché "vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione". 3. Pregare: ecco il segreto per accedere al mistero della Sapienza di Dio! Il Siracide ci ricorda che "La sapienza fa il proprio elogio, in Dio trova il proprio vanto, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria". Altro mistero! È il Creatore che proclama la sua gloria, si presenta, altrimenti noi saremmo stati incapaci di conoscerlo, persino di supporlo nella sua grandezza. Come nel roveto ardente, o come altrove, viene a dirci "Io sono", a dirci che è, l'Essere per eccellenza, il datore della vita. Questa presentazione scuote alcuni, lascia perplessi altri, altri indifferenti o sospettosi ed infine alcuni ostili. Per quanti vale quel "eppure il mondo non lo ha riconosciuto"! 4. Venne conoscendo i rischi di questa venuta. Non indugiò, venne perché cercava i suoi, ricordando che "a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio". Accogliere Dio: questo significa credere. Da qui una rigenerazione totale che mette in crisi ogni possibile spiegazione e ci apre le porte del mistero di Dio: quanti credono "non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati". Da quel Dio che ci ha pensati prima che nessun altro potesse solo pensare. 5. Questo prologo presenta così il mistero sul quale tornerà poi più volte. Il mistero che farà sciogliere d'amore il cuore di Nicodemo: "posso forse ritornare nel seno di mia madre?". Il mistero della vita e della morte, che meriterebbero più rispetto. Il mistero che porta ad essere onesti con se stessi, portandoci ad ammettere, sempre come Nicodemo, "Noi sappiamo da dove vieni", senza però il coraggio di persistere nella voce della coscienza. |