Omelia (01-01-2011) |
Ileana Mortari - rito romano |
Maria serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore Il brano evangelico di oggi ci presenta due quadri: la visita dei pastori al Bambino Divino e la circoncisione di Gesù, in osservanza della legge mosaica. Assieme al Salvatore, la protagonista della pagina è Maria, sua madre, che viene più volte citata nella pericope. E la liturgia odierna celebra per l'appunto la festa di Maria Santissima, "Madre di Dio", titolo che noi pronunciamo senza troppo farci caso, ma che ha alle spalle anni e anni di riflessioni, dibattiti, definizioni. Quello della "maternità divina" di Maria è infatti un dogma, anzi il più antico dogma sulla persona e il ruolo di Maria nella storia della salvezza. Ma che cos'è un dogma? E' una "dottrina nella quale la chiesa propone in maniera definitiva una verità rivelata, in una forma che obbliga il popolo cristiano nella sua totalità, in modo che la sua negazione è respinta come un'eresia e condannata con anatema, cioè con scomunica solenne". Nel corso della sua storia la Chiesa è arrivata a stabilire dei dogmi per lo più sulla spinta delle eresie, cioè degli "errori di fede" commessi interpretando scorrettamente il dato rivelato; di necessità l'autorità magisteriale nella Chiesa (il Papa e i concili ecumenici) è tenuta ad approfondire, sotto la guida dello Spirito Santo, le questioni sollevate e a proporre precise definizioni circa le verità di fede, che non esauriscono, (né mai lo potrebbero!) il profondo e straordinario mistero da esse indicato, ma quantomeno dicono l'ultima parola, vincolante per i cristiani, su determinate questioni. Vediamo nel dettaglio la questione relativa alla maternità divina di Maria. La base di ogni dogma è anzitutto biblica e nella Scrittura troviamo diverse esplicite affermazioni a questo riguardo. Nel 57 d.Cr. Paolo, scrivendo ai Galati, dichiara: "Dio mandò il suo Figlio, nato da donna..." (Gal.4,4); anche se Maria non è esplicitamente nominata, è sottinteso che si tratta di lei. Circa 30 anni dopo, abbiamo i "vangeli dell'infanzia" di Matteo e Luca, nei quali troviamo le seguenti affermazioni: 1° - "Giuseppe,...non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Matteo 1, 20-21); "salvare dai peccati" era prerogativa di Dio e Gesù avrebbe più volte avocato a sé un simile potere, dandone concreta riprova. 2° - "Maria...concepirai un figlio, lo darai alla luce...sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo" (Luca 1, 31-32); "lo Spirito Santo scenderà su di te, .....Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (v.35) 3° - "Elisabetta.....esclamò a gran voce: ... A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?" (Luca 1, 41-43); Signore, Kyrios in greco, corrispondeva al nome proprio ebraico di Dio: Jahvé. Dai dati biblici sembrerebbe indiscutibile la divinità del Figlio di Maria, che lo ha generato nella carne e che quindi ben a ragione può essere chiamata "Madre di Dio". Ma il riconoscimento di questa particolarità dell'umile donna di Nazareth avviene con grandi difficoltà nella Chiesa dei primissimi tempi. Infatti per i cristiani provenienti dal giudaismo (o giudeo-cristiani) l'idea di un culto reso a una donna era qualcosa di profondamente estraneo; e per i credenti provenienti dal paganesimo (o etnico-cristiani) c'era il pericolo di confusioni ed equivoci con le antiche divinità-madri pagane. Però a poco a poco le difficoltà furono superate, grazie al prezioso apporto di riflessioni dei Padri della Chiesa e dei primi concili ecumenici. Ad esempio Ireneo di Lione (140 - 202 d.C.), interpretando il "discese dal cielo" del Credo, sottolinea che Cristo preesisteva alla sua nascita terrena e che si è realmente incarnato: due realtà dalle quali deriva la maternità divina della sua genitrice Maria. Il problema nasceva soprattutto per il fatto che, con il titolo di cui sopra, pareva che una donna, cioè una creatura umana, avesse generato Dio stesso, che è l'eterno Creatore di tutto! Il che è assurdo. O viceversa appariva disdicevole per un Dio (che è Spirito) avere contatti con la materia di cui è fatto l'essere umano. E' evidente che il dogma relativo a Maria non può prescindere dal chiarimento circa il rapporto tra natura umana e natura divina nella persona di Cristo, il che avvenne nel concilio di Calcedonia (451 d. C.), dove si ebbe la seguente affermazione: "Prima di tutti i tempi il Verbo fu generato dal Padre secondo la sua divinità, ma negli ultimi giorni lo stesso nacque come uomo da Maria Vergine, per noi e per la nostra salvezza, e dunque ben a ragione ella è detta "Theotòkos", cioè Madre di Dio". Danilo Sartor mette ben in luce il modo in cui, nel brano liturgico odierno, l'evangelista Luca ci presenta Maria, Madre di Dio, come si vede alle pagg.744-5 del Nuovo Dizionario di Mariologia (edizioni San Paolo): "Maria non solo appare come la madre che presenta il Figlio ai pastori, ma viene anche raffigurata in un rapporto più stretto con Gesù, che va al di là del fatto fisico. Infatti solo di lei si dice che "serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (v.19). E' l'atteggiamento tipico della fede vera. Maria diventa "più" madre credendo....Dicevano giustamente i padri che "Maria concepì il Figlio prima nel suo cuore che nel suo corpo". Sta qui la grandezza della maternità divina di Maria: al fatto fisico si unisce una grande partecipazione interiore... Ora, in questa immagine della divina maternità della Vergine, possono essere indicati tutti coloro che, come lei, credono. Non è infatti la fede che fa nascere Dio nel cuore del credente? Lo stesso Gesù ha chiamato beati coloro che ascoltano e mettono in pratica la parola di Dio, equiparandoli a madre, fratello e sorella suoi (cfr. Luca 11,28 e Marco 3,35). Così la Vergine-madre è il prototipo di tutta la chiesa che, "contemplando la santità misteriosa di Maria, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della Parola di Dio accolta con fedeltà, diventa essa pure madre." (Lumen Gentium 64). |