Omelia (02-01-2011)
Ileana Mortari - rito romano
Il mistero dell'Incarnazione del Verbo in alcuni autori cristiani dei primi secoli

S. IPPOLITO (170 - 235)

Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose.

Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e, generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato.

Questi è la Sapienza che, venendo nel mondo, si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di lui, ma egli è l'unico che viene dal Padre.

Questi poi diede una legge e dei profeti e li fece parlare nello Spirito Santo perché, ricevendo l'ispirazione della potenza del Padre, annunziassero il volere e il disegno del Padre.



S. ATANASIO (295 - 373)

Il Verbo di Dio, immateriale e privo di sostanza incorruttibile, si stabilì tra noi, anche se prima non ne era lontano. Nessuna regione dell'universo infatti fu mai priva di lui, perché esistendo insieme col Padre suo, riempiva ogni realtà della sua presenza.

Venne dunque per amore verso di noi e si mostrò a noi in modo sensibile. Preso da compassione per il genere umano e la nostra infermità e mosso dalla nostra miseria, non volle rimanessimo vittime della morte. Non volle che quanto era stato creato andasse perduto e che l'opera creatrice del Padre nei confronti dell'umanità fosse vanificata.

Per questo prese egli stesso un corpo, e un corpo uguale al nostro, poiché egli non volle semplicemente abitare un corpo o soltanto sembrare un uomo. Se infatti avesse voluto soltanto apparire uomo, avrebbe potuto scegliere un corpo migliore. Invece scelse proprio il nostro.

Egli stesso si costruì nella Vergine un tempio, cioè il corpo e, abitando in esso, ne fece un elemento per potersi rendere manifesto. Prese un corpo soggetto, come quello nostro, alla caducità e, nel suo immenso amore, lo offrì al Padre accettando la morte. Così annullò la legge della morte in tutti coloro che sarebbero morti in comunione con lui.

Avvenne che la morte, colpendo lui, nel suo sforzo si esaurì completamente, perdendo ogni possibilità di nuocere ad altri. Gli uomini ricaduti nella mortalità furono resi da lui immortali e ricondotti dalla morte alla vita. Infatti, in virtù del corpo che aveva assunto e della risurrezione che aveva conseguito, distrusse la morte come fa il fuoco con una fogliolina secca. Egli dunque prese un corpo mortale perché questo, reso partecipe del Verbo sovrano, potesse soddisfare alla morte per tutti. Il corpo assunto, perché inabitato dal Verbo, divenne immortale e, mediante la risurrezione, rimedio di immortalità per noi.

Offrì alla morte in sacrificio e vittima purissima il corpo che aveva preso e, offrendo il suo corpo per gli altri, liberò dalla morte i suoi simili.

Il Verbo di Dio a tutti superiore offrì e consacrò per tutti il tempio del suo corpo e versò alla morte il prezzo che le era dovuto. In tal modo l'immortale Figlio di Dio, con tutti solidale per il comune corpo di morte, con la promessa della risurrezione rese immortali tutti a titolo di giustizia.

La morte ormai non ha più nessuna efficacia sugli uomini per merito del Verbo, che ha posto in essi la sua dimora mediante un corpo identico al loro.



S. MASSIMO IL CONFESSORE (579 - 662)

Dio si fa perfetto uomo, non cambiando nulla di quanto è proprio della natura umana, tolto, si intende, il peccato, che del resto non le appartiene. Si fa uomo per provocare il dragone infernale avido e impaziente di divorare la sua preda, cioè l'umanità del Cristo.

Cristo, in effetti, gli dà in pasto la sua carne. Quella carne però doveva tramutarsi per il diavolo in veleno. La carne abbatteva totalmente il mostro con la potenza della divinità che in essa si celava. Per la natura umana, invece, sarebbe stata il rimedio, perché l'avrebbe riportata alla grazia originale con la forza della divinità in essa presente.

Come infatti il dragone, avendo istillato il suo veleno nell'albero della scienza, aveva rovinato il genere umano, facendoglielo gustare, così il medesimo, presumendo divorare la carne del Signore, fu rovinato e spodestato per la potenza della divinità che era in essa.

Ma il grande mistero dell'incarnazione divina rimane pur sempre un mistero. In effetti come può il Verbo, che con la sua persona è essenzialmente nella carne, essere al tempo stesso come persona ed essenzialmente tutto nel Padre?

Così come può lo stesso Verbo, totalmente Dio per natura, diventare totalmente uomo per natura? E questo senza abdicare per niente né alla natura divina, per cui è Dio, né alla nostra, per cui è divenuto uomo?

Soltanto la fede arriva a questi misteri, essa che è la sostanza e la base di quelle cose che superano ogni comprensione umana.