Omelia (01-01-2011)
mons. Antonio Riboldi
Il tempo: un dono che impegna e di cui ringraziare Dio

Sono tanti i modi con cui celebriamo la fine dell'anno e l'inizio del nuovo.
Ma è davvero grande la preoccupazione di 'come' si presenta il tempo, dimenticando spesso che è il dono più grande che Dio ci ha fatto.
Lasciamo alle spalle un anno dove, credo per tutti, si sono come incrociate gioie e speranze, tristezze e angosce. La Chiesa giustamente celebra la fine dell'anno con un grande Te Deum, per dire Grazie a Dio che ci ha donato tanto tempo. E il tempo che viviamo, in quanto dono, - ricordiamocelo sempre - ci è dato per una sola ragione: quella per cui Dio ci invita a crescere in bontà e amore, come un cammino verso il momento in cui finirà 'questo' tempo e sarà l'eternità_
La vita non è uno scherzo e neppure un gioco. É un bene che esige seria responsabilità.
In questa prospettiva, dando uno sguardo all'anno che ormai irrimediabilmente sta alle nostre spalle, tutti sentiamo dunque l'urgenza 'personale' di dire GRAZIE a Chi ce ne ha fatto dono, ma anche il dovere di chiederci come lo abbiamo vissuto.
Forse un pericoloso zig-zag tra bene e sbagli, impegno e superficialità.
.È difficile capire il senso di tutto il baccano con cui si celebra la notte di Capodanno.
Di che cosa dobbiamo rallegrarci, pensando a quanto è successo tra gli uomini, in ogni parte del mondo? Dovrebbe esserci una pausa di silenzio e riflessione, dovrebbe essere l'occasione di usare saggezza, per poter poi 'raddrizzare ciò che è storto', se solo consideriamo la serietà della vita.
Intanto ci apprestiamo a continuare il cammino, finché Dio vorrà - siamo nelle Sue mani, non nelle nostre! - ma non all'insegna del 'vuoto', costellato dal nostro egoismo e dalla pericolosa spensieratezza, ma con la saggezza di chi sa che se c'è un bene, agli occhi di Dio che ce ne ha fatto dono, va interpretato e perseguito, seguendo la Sua Volontà.
Fa paura come, invece di costruire ponti di pace, l'uomo costruisca ordigni di morte, capaci di annientare l'intero mondo. Occorre un vero giro di boa., affinché gli Stati dialoghino e programmino un vero piano di pace, nel rispetto vicendevole, nella collaborazione reciproca. Non possiamo restare inerti o passivi davanti a piani di distruzione.
Quello che impoverisce la Chiesa, e quindi noi cristiani, tutti, è il progressivo distacco da Dio che è la vera saggezza dell'uomo e dell'umanità.
Nelle Sue paterne mani c'è la pace, ma nelle nostre si annida incapacità, violenza e morte.
Riuscirà il mondo a ritrovare pensieri di pace, riusciremo noi a lasciarci alle spalle stili di vita che nulla hanno a che fare con la saggezza della fede, essendo solo sentieri di egoismo e dolore?
Occorre ritrovare la Pace che viene da Dio, ed è quello per cui dobbiamo pregare e impegnarci.
A cominciare da ciascuno di noi, singolarmente, carissimi che mi leggete, là dove operiamo, con le persone che il Signore ci ha posto accanto, nelle situazioni che ci troviamo a dover affrontare.
È dalla buona volontà di tutti, da un impegno a vivere la novità evangelica di ciascuno, che nasce la gioia di vivere.
Sono davvero tanti gli anni che il Signore mi ha concesso di vivere - anche se paiono 'un soffio' - e anch'io sento il desiderio di ringraziarLo, perché mi ha dato l'occasione di amarLo e, come vescovo, di vivere la vita in un continuo servizio a Lui e alla gente, scoprendo, nonostante le mie povertà e limiti, quanta Grazia Dio fa 'piovere' su chi mi ha affidato.
Provo tanta felicità e gratitudine per questo e anche tanto fervore di poter esprimere il mio amore a Dio e agli uomini con tutte le forze. Lo stesso auguro a voi tutte e tutti.

Un grande bene da difendere: la FAMIGLIA
Il Vangelo di oggi, posto subito dopo la solennità del Santo Natale, ci permette di entrare nel vivo della vita stessa della famiglia di Gesù.
E così assistiamo ad un tratto della sua storia, unica per ciò che era, irripetibile per quanto rappresentava, ma nello stesso tempo tanto vicina alle nostre famiglie, per l'umanità con cui ha vissuto ciò che era chiamata ad accettare, diventando così modello per ogni famiglia, di qualsiasi tempo. Racconta l'evangelista Matteo: "I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: 'Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo. Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore, per mezzo del profeta: 'Dall'Egitto ho chiamato mio figlio'.
Morto Frode, un angelo del Signore apparve a Giuseppe in Egitto e gli disse: 'Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese di Israele, perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino. Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre ed entrò nel paese di Israele Avendo però saputo che era re della Giudea Archelao, al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi.
Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare nella città chiamata Nazareth, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: 'Sarà chiamato Nazareno." (Mt. 2, 13-23)
Stupisce questo farsi travolgere quasi dalla brutalità dell'uomo, che non guarda in faccia neppure alla fragilità dei bambini - ed avviene anche ai nostri tempi in modi incredibili, dall'addestramento alla guerra dei piccoli, all'usarlì nella pedofilia - ed è segno del grande degrado dell'umanità. Rispettare, amare, aiutare chi si affaccia alla vita, creatura del Signore e Sua creazione, dovrebbe essere la regola di un'umanità saggia. Quando si arriva ad usare violenza verso chi non può difendersi, come i bambini, davvero si calpesta quella dignità che dovrebbe essere il segno della nobiltà dell'uomo, di ogni uomo. Gesù, nella sua debolezza di Dio fatto uomo, non si oppone alla crudeltà, la subisce.
Forse avrà pianto, sofferto come ogni bambino, per i disagi a cui ha dovuto essere sottoposto, ma non si è sottratto al pericolo e al dolore.
Semmai mostra che cosa significhi 'mettersi nei nostri panni': subire quello che è assurdo, ciò che abbatte ogni livello di bontà, rispetto, soccombere alla cattiveria umana, fino in fondo, fino alla morte in Croce. Davvero Gesù si mostra fin da subito 'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo'. Gesù, sempre, davanti alla nostra cattiveria su di Lui o sull'uomo, in cui Lui abita, come a difenderlo e dargli valore, non si indigna, non usa la violenza, ma accetta.
E di questo siamo purtroppo spettatori ogni giorno.
Lui, Gesù, l'Innocente, il Giusto per eccellenza, cioè fedele all'Amore, per questo non apre bocca, semplicemente fa la volontà del Padre, cosciente che la potenza di Dio è altra cosa rispetto alla mascherata potenza di Erode. Verrebbe voglia di stare una vita a contemplare Giuseppe e Maria, che seguono passo passo il Figlio loro affidato, come servi, fino a considerare il loro stesso amore, la loro gioia, un mettersi al servizio del Figlio.
Ci lamentiamo oggi che i nostri figli sono come sommersi dalla violenza, che accerchia la loro vita da ogni parte, anche fuori dalla famiglia. Ma tutto sta nel come papà e mamma vivono il grande dono del figlio, che Dio ha consegnato al loro affetto, alle loro cure.
Quante volte mi commuovo ripensando alla mia famiglia. Oggi sono quello che sono, nella pienezza della volontà di Dio, grazie anche ai miei genitori. Mamma e papà li ho sempre visti accanto a me, soprattutto quando ho manifestato la mia vocazione e per tutto il tratto del mio apostolato. Non dimenticherò mai le lacrime di papà, quando durante l'ordinazione sacerdotale, per la commozione non riuscì, durante la cerimonia, a 'legarmi le mani' dopo l'unzione. Era la dimostrazione dì quanto mi volesse bene. Così come non dimenticherò mai quando mi recai da mamma ad annunziarle che ero stato eletto vescovo. Non fece che piangere. Ma loro mi avevano educato fin dall'infanzia, in altre parole mi avevano aperto la strada e mi furono vicini per tutta la vita.
Aveva 99 anni, mamma, quando, sapendo che era giunta la sua ora, dopo una mia visita, mi salutò dicendo: 'Mi raccomando, Antonio, fai sempre giudizio!'. Premia la vita, davanti agli uomini e davanti a Dio, essere una famiglia come la Sacra Famiglia. Ve lo auguro.
Così pregava Madre Teresa di Calcutta: "Padre dei cieli, ci hai dato un modello di vita nella Sacra Famiglia. Aiutaci, o Padre d'amore, a fare della nostra famiglia un'altra Nazareth, dove regnano l'amore, la pace e la gioia. Aiutaci a stare insieme nella gioia e nel dolore, grazie alla preghiera in famiglia. Che possiamo amarci come Dio ama ciascuno di noi, sempre più, ogni giorno. E perdona i nostri difetti, come Tu perdoni i nostri peccati".