Omelia (02-01-2011)
padre Gian Franco Scarpitta
Il mistero della Sapienza che abita con noi

Seconda Domenica dopo Natale. Continua la riflessione sulla Divina Infanzia, prosegue il fascino del mistero dell'Incarnazione di Dio che entra nella nostra storia e la percorre fin dall'infanzia per saggiarne in prima persona tutte le tappe e apportarvi la novità della salvezza.
Ma solo adesso forse siamo invitati a capovolgere il punto di vista sul Natale, nel senso che la nostra riflessione si svolge in senso discendente: non più dalla terra (dalla grotta) al cielo, ma... dal cielo alla grotta.
Chi è infatti questo Bambino che stiamo contemplando nel presepe ormai da tanti giorni? La Prima Lettura di questa Domenica ci offre una risposta, anche se richiama un altro passo significativo: egli è la Sapienza che era esistente quando Dio creava il mondo; essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti"; la Sapienza cioè che esisteva in Dio fin dall'eternità e che ha deciso di scegliersi una dimora in mezzo a noi: Sapienza eterna che è entrata nel tempo venendo a porre la propria tenda in mezzo a noi.
Come affermerà infatti Paolo, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio (1 Cor 1,24-30; Ef 3,1) perché generato non creato ma della medesima sostanza divina, il Verbo di Dio che si è fatto uomo. La Sapienza che era presente al momento della creazione viene associata nella Scrittura al Verbo e identificata con Esso, sia per l'eternità che la caratterizza sia soprattutto per la "dimora" che essa viene ad instaurare in mezzo agli uomini; essa non può essere allora che il Verbo di Dio incarnato che prende il nome di Gesù e che ci raggiunge nella dimensione storica dell'era di Augusto e nella geografia della cittadina di Betlemme dove avviene questo evento straordinario in una grotta sperduta.
E' significativo considerare che il mistero della grotta di Betlemme muove dall'eternità e riguardi qualcosa di inafferrabile e di inconcepibile relativamente a noi che tuttavia ne siamo resi partecipi: un ricco possidente non parla mai a nessuno dei suoi subalterni dei suoi forzieri, tanto meno della propria camera o del suo letto; al contrario Dio ci parla di se stesso a Betlemme nonostante la sua ineffabilità e grandezza, e nonostante la sua natura non abbia nulla di compatibile con quella dell'uomo. Certo, Dio resta sempre un mistero racchiuso in se stesso, che non potremo mai circoscrivere né determinare, ma questo mistero ci viene tuttavia svelato a Betlemme e siamo resi capaci di conoscerlo. "Mistero" è infatti qualcosa che appartiene alla sola sfera del divino e di cui noi non possiamo parlare se non nella misura in cui Dio ce lo consente; nessuno può parlare adeguatamente di Dio se non in conseguenza della sua Rivelazione e non si potrà mai raggiungere la verità se essa stessa non ci avesse raggiunti.,Ma che cos'è il Natale, visto dalla prospettiva discendente? E' appunto un mistero, qualcosa di cui solo Dio ha diritto di sapere, perché insondabile per le nostre povere forze eppure di esso veniamo resi partecipi in quell'evento della grotta che dice espressamente tutto: Dio è amore e per amore si è umiliato fino a farsi uomo, anzi Bambino.
Nella grotta l'arcano di Dio viene reso manifesto all'uomo e questi viene raggiunto da tanta confidenza divina; nell'avvenimento di Betlemme il Mistero insondabile ci consente di parlare di se stesso anche se non si esaurisce per noi. E' il mistero di tutta l'Eternità che entra nel tempo, pur restando eternità.
Tale cambiamento di prospettiva ci consente anche di immedesimarci in una ricchezza immensa della quale solo Dio è capace e che si rende tutta disponibile per l'uomo, perché nel Verbo Incarnato nonché sapienza increata l'uomo scopre le proprie risorse e si sente incoraggiato nel sapersi amato da Dio. E infatti il prologo al Vangelo di Giovanni insiste sul "Verbo, che era presso Dio e che era Dio... si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi", a convivere con noi diventando in tutto simile a noi per proporsi come nostro orientamento, cioè come luce che rifulge nelle tenebre per averne ragione e per dissiparle: la presenza di Dio incarnato è finalizzata a che l'uomo possa ritrovare se stesso senza brancolare nel buio ma affidarsi alla luce che scaturisce solo dall'Alto. La Sapienza è considerata nella Bibbia il dono più grande che Dio possa concedere in quanto essa è la prerogativa che ci conduce a giudicare con saggezza, obiettività, moderazione secondo la volontà di Dio per poi agire secondo una condotta di verità e di giustizia ben distante dalle aspettative umane; Cristo sapienza di Dio percorre i nostri medesimi sentieri per illuminarci egli stesso con la sua vita, con le sue parole e le opere di misericordia affinché non solamente possiamo realizzare la volontà di Dio, ma per mezzo di lui possiamo anche accedere a Dio.
Davanti al fascino del mistero che ci si dischiude e che si fa toccare con mano, da parte nostra non possiamo che darci alla semplicità di un solo atto di adesione libera nella fede, concedendo noi stessi e la nostra vita al Dio Sapienza che ci illumina e ci accompagna.