Omelia (06-01-2011)
padre Gian Franco Scarpitta
Epifania, festa dell'Amore e della Verità

Gusù Bambino nella greppia non è passivo, ma agisce già sin d'ora per la salvezza del mondo. Una volta concepito dal grembo vergineo di Maria, Egli non resta nascosto e sebbene le condizioni alle quali è costretto siano di estrema indigenza e povertà, manifesta a tutti quella che è la vera potenza di Dio, attirando tanta gente attorno a sé con il suo stesso dimorare nella grotta accudito da Maria e Giuseppe: anche se nel silenzio, nell'innocenza e nella mansuetudine, il Fanciullo divino attrae e accoglie da ogni parte diverse categorie di umanità Appena egli nasce, pastori veglianti nella zona vengono subito messi al corrente e accorrono alla grotta, noncuranti del gregge che probabilmente abbandonano a se stesso e si appostano in adorazione e in contemplazione del Figlio di Dio Bambino. Si tratta di una categoria di uomini fra i più reietti e discriminati dalla società per la loro illeteratezza per la quale ignorano la Legge di Mosè, che di conseguenza non possono osservare: non poter leggere il testo della Thorà era indice di malafede e di peccato, per questo anche i pastori sono collocati fra quei ceti bassi fra i più peccaminosi e deprezzati in Israele. Eppure proprio loro sono i privilegiati dall'annuncio, i primi destinatari della novità e della salvezza: non ai grandi uomini o ai principi viene annunciato il Bambino avvolto in fasce nella mangiatoia, ma proprio a questi umili allevatori che nulla possono sperare dal contesto sociale. Dio quindi ha premura che essi, così come tutti coloro che vengono etichettati peccatori, vengano prediletti e resi oggetto di amore e di misericordia più di tutti gli altri e nel Bambino Egli mostra loro il massimo dell'attenzione e dell'amore che assume i termini di redenzione e di salvezza.
Così pure, attraverso un astro del tutto speciale, Gesù Bambino attira a sé anche i Magi dall'Oriente, che giungono appositamente percorrendo chilometri e chilometri di strade noncuranti dei pericoli e delle insidie che all'epoca un viaggio può comportare. Questi uomini sapienti, osservatori e studiosi dei fenomeni astrali, raffinati intellettuali atti a misconoscere quanto non si fondi sulla verità oggettiva e scientificamente dimostrabile, sono sempre stati refrattari ad ogni linguaggio metafisico e religioso e hanno sempre disdegnato l'idea di un Dio personale provvidente che prescinda dalle categorie dell'umano. Solo le stelle per loro determinavano la verità sulle cose e sugli uomini, come ai nostri giorni avviene per i fautori degli oroscopi.
Ma non sanno resistere al fascino di Dio che li orienta attraverso una stella per farli cimentare in un atto di orazione unico e allusivo, nonché esemplare per tutti. L'astro luminoso, che già nella Bibbia indica la presenza di Dio che guida, orienta e conduce il suo popolo per i sentieri adeguati verso mete appropriate, li conduce alla cittadina di Betlemme della quale probabilmente poco prima non conoscevano neppure l'esistenza, per esternare i loro sentimenti di adorazione al Bambino che riconoscono essere il Sovrano universale e incontrastato (oro); il Dio eterno e glorioso (incenso) che tuttavia si consegnerà alla morte (mirra) per il riscatto dell'umanità. Soprattutto l'oro e l'incenso sono descritti dalla Bibbia (Isaia) come elementi utili ad esprimere la regalità e la divinità, che qui in questo contesto vengono esaltate nel Bambino da parte di questi uomini del tutto estranei alla Scrittura. Certamente essi hanno compreso che la Verità non la si raggiunge con le sole forze umane e non la sola scienza e la ragione è in grado di soddisfare la nostra ansia di assoluto, ma che tutte le domande dell'uomo trovano il loro definitivo appagamento solo in Dio e non possono essere soddisfatte se non per il fatto che è Dio che viene a cercare l'uomo. Qualsiasi verità raggiunta risolutamente con le nostre sole forze in realtà è illusoria e non garantisce certo privilegi per noi stessi, né per gli altri, né per il mondo: essa ci viene donata e assume un nome particolare: Gesù Cristo che è (appunto) "via, verità e vita," e la soluzione più convincente e definitiva alla realtà del peccato non è la lettera scritta di una Legge rigida e fissista, ma piuttosto la misericordia e l'amore di cui solo Uno è capace. Il Relativismo, combattuto tenacemente e con coraggio dal nostro attuale pontefice, illude gli uomini di verità semplicemente umane e non di rado effimere e passeggere, mentre quello che soddisfa l'uomo è solamente l'Assoluto e ciò che affascina è che Esso non ci viene occultato ma reso manifesto immediatamente nel Fanciullo.
Né i pastori, né i Magi, né qualsiasi altro uomo sulla terra potrebbero giungere a Betlemme se non fosse questo Dio Bambino a condurli a sé affascinandoli con il mistero che egli offre di se stesso e coinvolgendo la loro vita in un vortice di divina redenzione che si attua solo per amore e che si svolge nelle modalità più semplici e umili: e' lo stesso Bambino che rivolge a tutti gli uomini l'appello alla conversione anticipando l'invito più importante ed eloquente che egli rivolgerà poco prima della passione "Convertitevi e credete al Vangelo", i cui effetti si riscontrano immediatamente e sempre lo stesso Bambino mostra se stesso anche a tutti noi nell'umiltà e nel nascondimento che diventano buona novella universale capace di trasformare gli uomini sin dal proprio intimo. La manifestazione silente del Bambino prende il nome liturgico di Epifania, che vuol dire appunto manifestazione, mostrarsi e agire e che nella Chiesa delle origini veniva celebrata unitamente al Natale. Essa è la Festa di tutti coloro che vengono raggiunti dall'amore del Signore e dalla sua salvezza, cioè di tutti gli uomini, anche perché mentre chiude il tempo di Natale, ci ravvisa che il sentore della sua Festa è destinato a protrarsi tutto l'anno ingenerando la stessa gioia del 25 Dicembre.