Omelia (24-12-2002)
Paolo Curtaz
Commento Luca 1,67-79

Zaccaria stringe tra le mani il suo bambino, frutto dell'intervento straordinario di Dio, un bambino particolare, il più grande dei profeti, spinto da sua moglie Elisabetta, il giorno della circoncisione a piegarsi alla volontà salvifica di Dio, finalmente interrompe il suo silenzio forzato, il suo ritiro spirituale durato nove mesi. E parla. Le sue parole sono benedizione e lode, sono stupore e meraviglia dinnanzi alla volontà salvifica e prodigiosa di Dio. Il grande silenzio di Zaccaria ha impreziosito la sua voce, ha spalancato la sua mente, ora vede, ora capisce, ora legge nelle pieghe della storia, una storia alternativa che si sta svolgendo lì, proprio sotto i suoi occhi...
E' quasi Natale, amici. Festa ambigua il Natale, forse un po' rovinata dal mare di melassa – un po' interessato – che gli si è versato addosso. Fa tenerezza vedere tutti questi spot infarciti di famiglie sorridenti, di nonni sereni, di splendidi tavoli addobbati e imbanditi. Fa tristezza sapere – e un prete lo sa – di quanta malinconia susciti il Natale nelle persone sole, negli anziani che non riceveranno nessun regalo, nelle famiglie separate. Fa tristezza vedere quante persone la notte di Natale andranno a dormire presto e presto si sveglieranno, cercando di non pensare a ciò che la loro vita avrebbe potuto diventare. Non vi scoraggiate, amici. Come Zaccaria alla fine della sua lunga e tribolata vita, anche voi aspettate di vedere una salvezza, innalzate lo sguardo al grande progetto di Dio, al grande sogno, che forse non ha visto realizzare e fiorire la vostra vita, ma che – certamente – la vostra vita può attraversare...

O Astro che sorgi, splendore di luce eterna e sole di giustizia:
vieni, e illumina chi giace nelle tenebre e nell'ombra di morte.