Omelia (03-01-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 1,29-34 Gesù compare qui per la prima volta nel vangelo di Giovanni, e sta andando verso il Battista. Giovanni sa che l'iniziativa della fede parte sempre da Dio. Non è conquista, la fede, ma accoglienza. Gesù prende l'iniziativa, è lui che si scomoda, che si mette in strada, che vuole incontrarci, il Natale è aprirsi a questa notizia: lasciati incontrare da Dio. Paradossalmente la fede cristiana contraddice l'esperienza religiosa. Mi spiego: se per "religione" intendiamo quella serie di riti, di credenze che spingono l'uomo ad incontrare Dio, il cristianesimo e l'ebraismo dicono l'esatto contrario: è Dio che si è fatto vicino, è lui che ha preso l'iniziativa della salvezza. Dio ti viene incontro, non te ne accorgi? Non è Dio ad essere assente ma, spesse volte, è l'uomo che latita, che non si lascia trovare, come Adamo nel Paradiso ("Adamo, dove sei?" Gn 3,9). Il grande dramma del Natale – dramma insostenibile, perciò abbiamo dovuto annacquarlo col sentimentalismo – è un Dio presente, ma un uomo assente. Il Natale costringe ad uno schieramento, a mettersi dalla parte di chi accoglie come Maria e Giuseppe, come i pastori, come i magi, o di chi rifiuta... Dio ti cerca, ti viene incontro: ti lascerai trovare? Giovanni Battista incontra Gesù, lo riconosce. Non è una cosa immediata, ma un passaggio di tre giorni, un cammino che lui stesso compie. Ma la conclusione è splendida: ha fatto esperienza della fede, ora che ha visto rende testimonianza. Cos'è, dunque la fede? Credere in qualcosa? Comportarsi in un qualche modo? No: la fede è anzitutto fare esperienza. Natale ci ricorda che la fede è un cammino di accoglienza, un rendere testimonianza. Oggi possiamo affrontare la giornata con questo desiderio: lasciarci incontrare da Dio, rendergli testimonianza. Giovanni Battista ti indica presente nel mondo, Signore; a noi di riconoscerti, Dio che ci vieni incontro, Dio che chiedi di nascere nella vita di ciascuno di noi! |