Omelia (07-01-2003)
Paolo Curtaz
Commento Matteo 4,12-17.23-25

Gesù sale a Cafarnao ed inizia la sua predicazione in questo luogo di passaggio sorto sul confine, sulle rive del lago di Tiberiade, lungo la strada che da Damasco portava al mar Mediterraneo. La conosce bene questa cittadina, Matteo, lui vi abitava e il suo banco delle imposte, lungo la strada, era conosciuto da tutti (anche se guardato con disprezzo visto il mestiere!). Siamo nel territorio di Zabulon e Neftali, luogo abitato dalle omonime due tribù di Israele tra le prime a cadere nel 733 a.C. nelle mani nemiche, un territorio di frontiera, guardato con sospetto dai puri di Gerusalemme, luogo in cui si mischiavano credenze e riti, culture e lingue e lì Gesù inizia la sua predicazione, dai confini della storia. Dio è sempre così, preferisce i discoli ai bravi ragazzi, invita i primi della classe ad uscire e sporcarsi le mani, obbliga chi lo segue ad andare verso le inquiete frontiere della storia, piuttosto che serrare i recinti delle false certezze della fede. Dio è così, ama il rischio, vuole sporcarsi le mani, parte ad annunciare il Regno là dove nessuno lo aspetta, né lo desidera. E così può-deve diventare la comunità cristiana, capace di uscire dalle chiese per ridare Dio al popolo, per condividere con esso il cammino. Gesù sceglie di abitare, di condividere tutto con questi abitanti, porta la luce, dona testimonianza. La nostra fede deve uscire dalle nostre chiese, Dio è stanco di essere venerato nei tabernacoli e di non riuscire ad entrare nelle nostre quotidianità, stufo di essere tirato in ballo nei momenti "sacri" ed essere estromesso dai luoghi dell'economia, della politica, del divertimento. Il movimento della comunità è l'incontro nella lode per diventare capaci di dire Cristo nel quotidiano, nel vissuto, nel vero di ciascuno. E l'annuncio è bruciante: "convertitevi perché il Regno si è fatto vicino". Sì, così scrive Matteo: è il Regno ad essersi avvicinato, è lui, Dio, che prende l'iniziativa, a noi di accorgerci, di girare lo sguardo (convertirsi, appunto). Dio non esordisce con qualche reprimenda morale, con qualche sensato discorso teso a suscitare pentimento e cambiamento di condotta. Lui, lui per primo si offre, si dona, rischia. Dice: "io ti sono vicino, non te ne accorgi?" Accorgersi significa davvero mollare tutto, lasciar andare i molti affari, le molte cose, per recuperare l'essenziale, come Pietro, come Andrea, che diventano – finalmente – pescatori di uomini. Il Regno è la consapevolezza della presenza entusiasmante e sorridente di Dio. Il Regno è là dove Dio regna, dove lui è al centro. E la Chiesa, comunità di chiamati e di discepoli, appartiene al regno anche se non lo esaurisce.

L'Epifania ti ha fatto conoscere al mondo intero, Signore, e la tua ansia di salvezza ti spinge a incontrare popoli pagani. Donaci tutta la tua ansia di raccontare il Regno a chi oggi incontreremo, Signore.