Omelia (08-01-2003)
Paolo Curtaz
Commento Marco 6,34-44

Questo Dio riconosciuto nell'Epifania deve essere annunciato da noi, suoi discepoli, anche se i mezzi sono sproporzionati. Vorrei fermarmi oggi proprio su quel gesto, ingenuo all'apparenza, di questi apostoli che perplessi donano a Gesù la loro merenda. E avviene l'impossibile, come sappiamo. Giunge un momento, nella nostra vita spirituale, in cui ci si ritrova come a Cafarnao: è bello ascoltare Gesù, solletica la nostra fede, ci affabula, e poi i suoi gesti sono credibili, straordinari. A questo punto Gesù chiede. Poco, pochissimo, ma chiede. Chiede di abbandonare la platea e di salire sul palco, chiede di non stare alla finestra ma di lasciarci coinvolgere, chiede di metterci in gioco e di condividere con gli altri quel poco che siamo, ma di condividerlo. C'è un momento, nella nostra storia, in cui Gesù chiede la fede, di fidarsi, di credergli, di dare del nostro. Sarà poi lui a fare il miracolo. Sarà lui a sfamare noi e gli altri, sarà lui a moltiplicare all'infinito la nostra tiepida apertura di cuore. Ma la chiede. Non gli importa se corre il rischio di essere male interpretato (un Dio-re che sfama, chi non lo vuole?) o, peggio, deriso. Gesù vuole il nostro poco, la nostra partecipazione. Lui, Dio ci tratta da pari e senza il nostro piccolo gesto di assenso non si muove. Il Signore chiede, a Cafarnao, per la prima volta, ai suoi discepoli, agli apostoli, di mettersi in gioco, finalmente. Non ho altro da aggiungere, amici, se non questo: abbandonatevi. Fate il salto, una volta tanto, rinunciate a mille dubbi, a conservare con gelosia le vostre poche cose, ma buttatele nel piatto della generosità per rivedervele restituite mille volte tanto. Osate rischiare, finalmente, osate credere, osate spianare la vostra vita sulla strada del dono, nel desiderio della condivisione. Sarà un miracolo, credetemi.

L'Epifania ti ha fatto conoscere al mondo intero, Signore, ma siamo noi, oggi, chiamati a metterci in gioco perché tu possa saziare la fame di verità che attanaglia il nostro tempo. Eccomi, se vuoi, Signore!