Omelia (11-01-2003)
Paolo Curtaz
Commento Luca 5,12-16

Epifania: Dio si mostra al mondo, a chi lo cerca, a questi simpatici e ostinati cercatori di Dio che sono i magi e – in loro – Dio si mostra a ciascuno di noi. Un Dio che guarisce dentro, ci dice oggi l'episodio della guarigione del lebbroso. La lebbra: malattia dell'anima prima che del corpo, piaga della solitudine e della diffidenza tra gli uomini, triste malattia della povertà e dell'abbruttimento che ancora condanna il nostro XXInesimo secolo... Quante malattie, oggi, attraversano la nostra vita, malattie del corpo, certo, ma molto di più malattie dello spirito: solitudini, depressioni, egoismi, fragilità. Resto sconcertato, nel mio ascolto delle persone, di quante fatiche e sofferenza l'uomo oggi faccia esperienza...
Gesù viene a guarire ciascuno di noi, non quella guarigione esteriore importante certo, ma mai risolutiva (Gesù è prudente nel guarire, vuole che la guarigione sia prima "dentro" che non fuori), ma a guarire nel profondo la nostra solitudine. Sorgente della sua capacità di guarire, di alleviare le sofferenze è la preghiera prolungata e solitaria. Anche a noi Gesù chiede di essere segni di guarigione per chi incontriamo ma, attenti, la nostra azione deve nutrirsi di preghiera, il nostro servizio di silenziosa contemplazione, il nostro curare deve essere fecondato dal nostro ascoltare il Maestro. Alla fine del nostro tempo di Natale, tempo breve ma intenso, tempo dello stupore e della percezione della salvezza, la Parola ci invita ancora a portare l'annuncio di salvezza a chi incontreremo sui nostri passi, per dire loro che dalla lebbra interiore è possibile guarire, che dalla solitudine immensa che abita le nostre profondità è possibile essere sanati e consolati e noi – di questa consolazione – siamo i portatori, oggi. Buon fine settimana, amici!

Guarisci i nostri cuori, guarisci le nostre solitudini, Signore, e facci diventare segno di consolazione per chi oggi ci incontrerà. Dio che ami la vita!