Omelia (06-01-2011) |
don Daniele Muraro |
La familiarità Continuando a riflettere dal nostro punto di vista sulla famiglia non si possono tralasciare le parole del Concilio Vaticano II che si trovano nel decreto sull'apostolato dei laici: "Tutti i laici facciano pure gran conto della competenza professionale, del senso della famiglia, del senso civico..., virtù senza le quali non ci può essere neanche una vera vita cristiana." La società industriale ha indotto tra le generazioni un distacco che spegne tra i più giovani il desiderio di raccogliere l'eredità del passato. Anche la famiglia ha subito i contraccolpi di questo lontananza; tuttavia, pur nelle difficoltà che incontra, essa non è scomparsa. C'è una fase della vita in cui si esce dal caldo abbraccio degli affetti domestici per affrontare il mondo; è allora che si scopre tutta l'importanza di quello che si è lasciato e si incomincia a progettare di ricostruire un luogo simile, in cui questa volta non si sia più destinatari passivi, ma si diventi protagonisti. Il poter contare sulla familiarità delle persone care, con cui si condividono le esigenze primarie della vita, felicità e dolori insieme con giudizi e scelte resta una garanzia di una esistenza riuscita. La lunga abitudine e la fiducia reciproca tra consanguinei protegge dai pericoli e dagli incerti. Intanto con la crisi della famiglia nella comunità si sta affermando uno stato d'animo apprensivo e allarmista. Soprattutto nelle grandi città, ma anche nei paesi, vige la diffidenza e la paura. Nel Vangelo della visita dei Magi a Gesù troviamo tanti di questi elementi raccontati in una storia lontana, ma ricca di insegnamenti per l'oggi. Anzitutto ci colpisce il turbamento di Erode e con lui di tutta Gerusalemme. Il trattamento riservato ai nuovi arrivati è rispettoso e premuroso l'interessamento in risposta al loro quesito, ma la prudenza nasconde la diffidenza e il sospetto si trasforma in paura. Soprattutto da parte del Re Erode lo slancio religioso di questi uomini sapienti venuti da lontano viene interpretato in chiave di potere. Avuto conferma che la loro ricerca era supportata dalle antiche Scritture, Erode ricorre all'astuzia e simula devozione per accattivarsi la simpatia degli ingenui e usarli per i propri scopi. Dopo la falsa familiarità di Erode, i Magi però godono della genuina confidenza del Figlio di Dio e di sua Madre. Il domicilio del nuovo Re che è nato non è la reggia di Erode, ma una semplice casa di Betlemme, dove la famiglia proveniente da Nazaret si era trattenuta. Erode era rimasto sfavorevolmente colpito dall'entusiasmo dei suoi ospiti, Maria e Giuseppe in perfetta sintonia con l'influsso della stella accolgono con gioia i visitatori. Non sappiamo perché Giuseppe e Maria si siano trattenuti a Betlemme tanto a lungo, forse sarà stato per la stessa ragione per cui Erode indirizza i Magi verso quella città: Betlemme era la città di Davide, il luogo dove era profetizzato che doveva nascere il Messia. Comunque sia, partiti dall'Oriente, i Magi cercavano il Re bambino e trovano una famiglia. Nella loro fede non dubitano dell'esattezza della mèta del loro peregrinare, perché la stella li guida e le Scritture avevano testimoniato. Intuitivamente essi sanno distinguono bene tra la Madre e il Bambino da una parte e Giuseppe dall'altra, tuttavia la scena che si presenta loro è quella di una casa abitata in modo ordinario. Entrati, si lasciano coinvolgere dalla familiarità di quella dimora senza dimenticare di essere stati ammessi alla presenza del Re dei Giudei, ossia del Salvatore del mondo. Per questo motivo da sé offrono doni, e spontanea viene l'adorazione. La fiducia interpersonale si apprende inizialmente in famiglia, perciò non è senza ragione che i tre Magi arrivano a bussare alla porta di Giuseppe il falegname, momentaneamente residente a Betlemme. Quello era il posto più bello dove poteva trovarsi il Figlio di Dio fatto uomo. Tra i nuovi ospiti e gli inquilini di quella casa la distanza non poteva essere più grande, ma fu presto colmata. E la visita dei Magi restò l'avvenimento principale di quel periodo, anticipo del pellegrinaggio dei popoli verso la persona del Messia Salvatore. C'è che pensa che l'amore sia avventura e la quotidianità della famiglia lo seppellisca nella noia. La storia della famiglia di Betlemme, costretta a rifugiarsi in Egitto, ci apre gli occhi invece sulle tante traversie che ogni famiglia prima o poi deve affrontare per mantenere fede alla propria vocazione. È questo il vero coraggio di cui tanti genitori dànno l'esempio nella cura dei loro figli e nella sollecitudine per gli anziani di casa. La nostra società tende a separare amore e familiarità. È un errore che spesso si rivela tragico. Il libertino fugge dai propri impegni, è sempre di corsa, ma per evitare la proprie responsabilità. Anche chi ha una responsabilità familiare va sempre di corsa, ma non è in fuga, piuttosto con tutte le sue forze cerca di raccogliere i suoi cari intorno in unità di intenti ed affetti. La famiglia è il solo ambito sociale in cui spontaneamente e senza aspettare incentivi chi è forte sostiene il debole e chi è grande serve il piccolo. Perciò l'alternativa è chiara: o si allarga alla società lo stile di vita della famiglia o anche nelle nostre case si affermerà la mentalità secondo cui nella famiglia valgono le dure regole della sopraffazione e della malizia di cui Erode era esperto. Mettere su famiglia oggi è un rischio ed è un bella sfida anche tenerne in piedi una. La familiarità non può essere ingenua, ma nemmeno scettica. Occorre guardare bene a chi si apre le porte di casa, e sorvegliare anche quelle finestre sul mondo che sono i mezzi di comunicazione sociale, ma poi non si può non dare fiducia e ricevere fiducia. Nel cammino del tempo c'è una stella che può guidare ogni famiglia ed è quella fissa sulla dimora di Maria, Giuseppe e Gesù; lì la presenza del Signore santificò l'amore umano in maniera così forte che ormai ogni casa ne può partecipare. |