Omelia (12-02-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Marco 7,14-23 Il discorso di ieri sulla tradizione ha stimolato parecchi ascoltatori; fortunatamente la Parola di Dio oggi ci dà la possibilità di approfondire questo tema; Gesù contrappone la tradizione degli uomini che falsifica e sostituisce il comandamento di Dio. Sappiamo che, nella Scrittura, il comandamento di Dio è una specie di "libretto di istruzioni": Dio, che ci ha creati, sa come funzioniamo, sa cosa ci costruisce e cosa ci distrugge, perciò ci raccomanda di stare lontano da ciò che ci fa del male. Solo che noi poco sappiamo su cosa davvero ci ferisce: il male si presenta sempre sotto un'apparenza di bene! Perciò il peccato è male perché fa del male, perché ci distrugge. A questa primigenia attenzione di Dio si sono aggiunte una serie infinita di applicazioni, alle volte opportune, più spesso segnate dal momento contingente, legate – appunto - alla tradizione degli uomini. La tradizione è importante nella Chiesa, la parola "tradere" significa "consegnare" e nel corso dei secoli i cristiani hanno fatto di tutto per consegnare, di generazione in generazione, l'autentica Parola del Maestro. Ma il tradizionalismo è qualcosa di diverso, di pericoloso, è dare un'aura di divinità a delle abitudini consolidate. Non esiste una parrocchia in cui il neo parroco non si senta dire "si è sempre fatto così"; certo, occorre rispetto per la storia di una comunità, ma sempre questa storia va soppesata alla luce del Vangelo. Il Signore, nel vangelo di oggi, ci ricorda che è nel nostro cuore la sede del bene e del male, non nelle cose esterne. Purifichiamo i nostri cuori, non i nostri piatti, per essere liberi al cospetto di Dio... Rendi libera la tua Chiesa, Signore, rendila serva della Parola e non delle proprie abitudini, rendi le nostre comunità disponibili a cambiare le tradizioni degli uomini se queste oscurano il tuo comandamento, Dio benedetto nei secoli! |