Omelia (22-02-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Matteo 16,13-19 In tutta la Chiesa cattolica, oggi, siamo chiamati a fissare lo sguardo su Pietro e il suo ministero; è un forte richiamo alla sua figura e al suo ruolo all'interno della comunità cristiana. Pietro e la sua cattedra, cioè il suo insegnamento, la sua funzione, il suo ministero. Il vangelo, letto qualche giorno fa', ci introduce a questa delicata e ricca questione: cosa rappresenta Pietro all'interno della comunità cristiana? Il suo compito è chiaro, nel progetto del Maestro: diventare tutore, garante, essere punto di riferimento per i fratelli. Chi vi garantisce, amici, che il mio modo di leggervi la Parola sia autentico? Chi vi garantisce che il mio modo di interpretarla sia secondo ciò che gli apostoli hanno vissuto? Chi vi dice che io non sia l'ennesimo guru mediatico che abilmente vi infatua propinandovi un Dio fatto a mia immagine e somiglianza? Sempre, nella storia, sono apparsi uomini di Dio che hanno accusato la Chiesa di interpretare arbitrariamente la parola del Signore e che si sono inventati un modo diverso di essere fedeli a Dio. Ebbene il compito di Pietro è stato proprio quello di conservare la fede, di custodirla, di preservarla da interpretazioni soggettive. Io ho la certezza che ciò che vi dico a proposito di Gesù, che ciò in cui credo, è esattamente ciò che da duemila anni la Chiesa sperimenta e annuncia nella fatica del suo limite. Pietro diventa allora scoglio a cui aggrapparsi in questo tempo di immense incertezze, riferimento umile e saldo del Vangelo vissuto e custodito in questa lunga storia di gioie e di persecuzioni. Questo oggi celebriamo: l'unità della fede custodita creativamente da Pietro, per lui oggi preghiamo e lui affidiamo al suo e nostro Maestro, che lo assista nel difficile compito di tenere sempre orientata la barca della fede verso la luce. Pietro diventa segno visibile di unità per i tuoi discepoli, Signore. Sostieni lui e noi nella splendida avventura della fede. |