Omelia (27-02-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Marco 9,41-50 Se il sale diventa insipido con che cosa lo si potrà salare? Gesù è preoccupato di un rischio che corrono – allora come oggi – i suoi discepoli: l'assenza di radicalità nella scelta evangelica, il tenere insieme una vaga appartenenza al vangelo e la logica di questo mondo. Gesù teme quell'atteggiamento malsano che ci rende molto esigenti verso gli altri e troppo comprensivi con i nostri limiti. Ecco allora il significato di questa sconcertante pagina: non esiste valore che possa sostituire l'incontro con la fede, non c'è nulla che possa essere vissuto come il vangelo, perciò vale la pena fare una scelta, costi quel che costi. Perciò il Maestro ci chiede di eliminare, per quello che è possibile, le cose che ci allontanano dal Vangelo. Gesù si propone con radicalità perché può realizzare ciò che promette. Ma chiede disponibilità totale, scelta concreta e reale della sua presenza, adesione al Vangelo. Niente mezze misure, niente giochi di prestigio: togliamo da noi ciò che ci impedisce di essere abitati dalla felicità. Attenti - però – a non dar sfogo a quella parte oscura che ci abita e che ci porta alla distruzione. Se è pericoloso vivere con leggerezza e superficialità l'incontro con Dio, è altrettanto pericoloso e distruttivo l'atteggiamento autolesionista che confonde l'autolesionismo con la virtù. Chiediamo, allora, al Signore di conservare il sapore della vita, di rimanere ancorati a lui per portare sapore alle cose che faremo oggi, senza compromessi, liberi di amare. Ci chiami ad essere segno nel mondo, sale che dona sapore alla vita, spesse volte insipida, dei nostri fratelli. Donaci equilibrio, Signore, per rifiutare il male e per compiere il bene e donaci la capacità di distinguere il bene dal male. |