Omelia (03-03-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Marco 10,17-27 "Maestro, cosa devo fare per avere la vita eterna?". Una richiesta piena di fede e di stupore del giovane ricco, che indica l'atteggiamento di fondo della vita di ciascuno di noi. Cosa fare per avere la vita eterna? Dove per "vita eterna" non intendiamo una lunga e nioiosa dimensione di staticità, non un'eterea dimensione senza emozioni e sensazioni. No. La vita eterna è la vita piena, la vita tutta, la vita riuscita, la vita felice, la vita vita, insomma. Non è quindi una pia domanda, quella del giovane, né un fervorino affettato, ma è la dimensione stessa dell'uomo, assetato di felicità, alla continua ricerca, talvolta affannosa, della gioia. E la risposta di Gesù è stupefacente: un lungo elenco di atteggiamenti, di stili di vita che testimoniano questo desiderio di pienezza. Anzitutto l'osservanza dei comandamenti che sono non il limite di velocità messo sulla strada della vita da un petulante Dio-vigile, ma una serie di istruzioni per l'uso che fa dell'essere umano un uomo in pienezza, con un tragitto indicatogli da chi l'ha plasmato dal nulla. In secondo luogo la disaffezione dai beni materiali dove la ricchezza non consiste tanto nello spessore del portafogli, quanto nel cuore intasato da preoccupazioni e rinchiuso nell'egoismo. E in questo il giovane ricco sbaglia, perde l'occasione della sua vita, perché non investe il suo tempo, la sua disponibilità, i suoi beni, i suoi sforzi, alla ricerca del Regno. Ha paura di lasciare un nulla sicuro per un tutto che reputa incerto, e perciò perde la vita vera. Infine, gli apostoli, sbigottiti, chiedono a Gesù qual è la sorte di chi si avventura nella radicale via del Vangelo. E questo umanissimo Gesù li rassicura perché garantisce che la vita del cristiano è già, sin d'ora, piena di fraternità e di ricchezza nello Spirito, che è già vita vera. E questa, da allora, è la testimonianza di milioni di cristiani che, preso sul serio il Vangelo, confessano di avere vissuto, alla fine di tutto, una vita più vera incontrando lo sguardo di Gesù. Uno sguardo che, voglia Dio, forse si è già posato su di me. Uno sguardo gonfio d'amore, uno sguardo che arriva fino al punto più profondo della mia personalità e che mi riempie di verità. "Gesù, fissatolo, lo amò": facci accorgere, oggi, Signore di questo amore e permettici di non anteporvi nulla. Amen. |