Omelia (12-03-2003)
Paolo Curtaz
Commento Luca 11,29-32

Il segno di Giona, Gesù dona solo il segno di Giona alla sua incredula generazione. Lo incontriamo oggi, Giona, nella prima lettura: chiamato da Dio ad annunciare la distruzione di Ninive, pavido vista l'aria che tira, fugge verso il mare e si imbarca incorrendo in una serie di disavventure degne da film. Ripescato da Dio dopo essere stato buttato a mare dai superstiziosi marinai che a lui attribuiscono la tempesta in cui sono incappati. La predicazione di Giona a Ninive susciterà l'effetto sperato: tutti si convertono e fanno penitenza e Giona, scocciato per tutta la fatica fatta, se la prende con Dio che – al solito – si lascia intenerire e cambia idea rispetto alla distruzione minacciata...
Il segno di Giona: cioè la predicazione che Gesù fa deve essere sufficiente al popolo ebraico per riconoscere in lui l'inviato di Dio. Ma così non accade: bisognosi di miracoli e segni, gli uomini pongono continuamente delle condizioni a Dio. Sappiamo sfruttare la parola che abitualmente ascoltiamo, non poniamo sciocche condizioni a Dio e non lasciamoci passare davanti da tutti coloro che – non avendo un'esperienza di fede – con entusiasmo si lasciano convertire dalla Parola. Ma, ahimé, non c'è nessuno più difficile da convertire di un presunto pio credente che crede di credere. Monito bruciante per noi, ascoltatori della parola, per non abituarci mai al messaggio del Signore, a lasciarci scuotere e convertire dai tanti Giona che incontriamo sul nostro cammino, ad accogliere con fede la Parola del Rabbì Gesù.

Il segno di Giona, Signore, ci richiama alla conversione, perché come la regina del sud venne a conoscere la sapienza di Salomone e si convertì, perché come gli abitanti di Ninive si convertirono alla predicazione del profeta, anche noi ascoltiamo la parola ed ecco, ben più di Salomone e di Giona c'è qui.